Vincenzo De Luca (foto LaPresse)

C'è un nuovo reato: la democrazia

Redazione

Essere indagati per aver fatto politica. L’incredibile caso De Luca

E’ come se contenesse tutti i guasti d’Italia in una volta sola questa azione spropositata con la quale, mercoledì, la procura di Napoli ha iscritto nel registro degli indagati Enzo De Luca, lo sbrigliato, anzi sbrigliatissimo presidente della Campania. “Istigazione al voto di scambio”, questa l’accusa, perché nel corso di un incontro pubblico, avvenuto in un albergo napoletano alla vigilia del referendum per la riforma costituzionale dello scorso 4 dicembre, alla presenza di oltre trecento sindaci della Campania, De Luca li aveva invitati – udite udite – a svolgere una intensa campagna per il Sì.

 

  

Aveva scherzato, De Luca, parlato a braccio, s’era espresso con quel tono da mammasantissima che lo contraddistingue: le mascelle serrate e l’aria da guappo che non si trattiene e non si controlla, che è dunque capace – mammamia – di dosare e abusare del paradosso, dunque di maneggiare la parola “clientela”, un termine che davvero andrebbe messo in un dizionarietto delle parole pericolose, diaboliche e scorrette, come se non fosse, nella sua accezione neutra e positiva, una prassi della politica, della democrazia e dei rapporti sociali sin dai tempi antichi, dall’origine della storia e di quelle relazioni civili che per loro natura si compongono di scambi, interessi, dipendenza, dunque di “clientela”, appunto. E così, in questa azione della procura di Napoli, c’è davvero tutto: l’impotenza della politica che deve nascondersi o tacere, il moralismo implicito nell’ossessione per una punizione che ha a che vedere con la grammatica e con l’estetica, e infine la prova che la caotica polifonia istituzionale italiana, quella consolidata dalla vittoria del No, consente a poteri non elettivi di esercitare funzioni spropositate. Esorbitanti.

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