Massimo D'Alema (foto LaPresse)

Il tempismo di Massimo D'Alema

Claudio Cerasa
Il tempismo di Massimo D’Alema è ormai un topos della narrazione politica più o meno come ai tempi dell’Antica Grecia lo erano i nostoi, il ritorno a casa degli eroi greci dopo la fine della Guerra di Troia.

Il tempismo di Massimo D’Alema è ormai un topos della narrazione politica più o meno come ai tempi dell’Antica Grecia lo erano i nostoi, il ritorno a casa degli eroi greci dopo la fine della Guerra di Troia. Il tempismo di Massimo D’Alema, in un certo modo anche lui eroico per il suo essere costantemente e coerentemente fuori dal tempo, è un romanzo che presenta molti capitsoli avvincenti e persino affascinanti (25 maggio 2008: “Nichi Vendola è l’unico in grado di rilanciare un’idea di sinistra in chiave moderna”, e ci fermiamo qui), ma un tempismo così perfetto e così delizioso come quello visibile oggi era da tempo che non veniva mostrato dall’ex presidente del Consiglio.

 

Il ritorno in campo di Massimo D’Alema a sostegno della campagna per il no sul referendum costituzionale – ritorno osannato qualche giorno fa al Cinema Farnese di Roma da Pietro Folena e Cesare Salvi e altri volti storici di una gauche italiana conosciuta fuori dall’Italia certamente non per le sue particolari capacità di riformare il paese – ha avuto almeno un effetto dirompente. Sul tempismo, diciamo, D’Alema non è stato fortunato: poteva esserci momento peggiore di questo per dire che Renzi è un pericolo per la democrazia, con le macerie del terremoto ancora impresse nei nostri occhi e le scazzottate dei principali competitor di Renzi che occupano in maniera tragicomica le prime pagine dei giornali? Ma anche sulle conseguenze del ritorno del dalemismo l’ex premier probabilmente non ha fatto bene i calcoli.

 

In un colpo solo il ritorno in campo di Max ha permesso a Renzi di trasformare il referendum (viva la personalizzazione!) in un voto non più su Renzi ma su D’Alema (vuoi dire sì o no al ritorno del modello D’Alema?). E in un colpo solo ha schiacciato la sinistra del Pd in una posizione molto complicata da gestire: come si fa a essere per il no al referendum senza essere identificati come parte integrante del comitato per il no formato dal trio delle meraviglie D’Alema-Folena-Salvi? Risultato: prima dell’arrivo di D’Alema, il comitato per il no sembrava aver trovato la giusta strada per affrontare Renzi. Dopo l’arrivo di D’Alema, che va comunque ringraziato per aver trovato del tempo prezioso da sottrarre ai suoi molteplici impegni istituzionali all’estero, nel Pd si percepisce con chiarezza la possibilità di una fase nostoi: il ritorno a casa di molti elettori, resisi conto, come gli eroi greci, che l’arrivo di D’Alema in un certo senso è come la fine della guerra di Troia.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.