Matteo Renzi (foto LaPresse)

Chi si iscrive nel Pd al partito “stop ballottaggio”

David Allegranti

Perché la linea Napolitano (stop ballottaggio) conquista anche una parte robusta del mondo renziano. Il fronte del “cambia Italicum” si rafforza dopo le parole del presidente della Repubblica sulla legge elettorale.

Roma. Cambiare l’Italicum? Yes we can. La linea del presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano fa breccia anche tra i renziani. “Una revisione del sistema elettorale – ha detto ieri Napolitano nell’intervista al Foglio – credo sia da considerare, nel senso di non puntare a tutti i costi sul ballottaggio, che rischia, nel contesto attuale, di lasciare la direzione del paese a una forza politica di troppo ristretta legittimazione nel voto del primo turno”. Il Parlamento è sovrano, ripete da giorni Matteo Renzi, quindi se ci sono i numeri per modificarlo, facciamolo. Una posizione però piuttosto cauta che non prevede l’impegno diretto del maggior partito di governo. Sarebbe opportuna, invece, ha sottolineato Napolitano, un’azione forte del Pd. “L’intervista di Napolitano è molto lucida. Secondo me – dice al Foglio il renziano Angelo Rughetti, sottosegretario alla Pubblica amministrazione e vicino al ministro Graziano Delrio – l’Italicum deve cambiare a condizione che venga salvaguardata la governabilità”.

 

Continua Rughetti: “Serve una legge che abbia la capacità di portare dentro la Camera il maggior numero di interessi e sensibilità possibile. Il doppio turno rischia di affidare ad un ridotta minoranza la guida del paese”. E sarebbe possibile un nuovo patto del Nazareno con le opposizioni, dopo il referendum, proprio a partire dalla legge elettorale? “Non un nuovo Nazareno – dice Rughetti – ma un nuovo ‘connubio’ cavouriano per trovare intese sui provvedimenti nell’interesse del paese, facendo prevalere nel centrodestra la parte moderata e mettendo da parte la destra lepenista che strizza l’occhio ai Cinque stelle”. Al partito del “cambia Italicum” si iscrive anche il presidente del Pd Matteo Orfini, capo dei Giovani turchi, che in un’intervista all’Huffington Post ha proposto il modello greco per la revisione della legge elettorale. “Io credo che su una correzione ‘greca’ dell’Italicum si possa costruire una convergenza larga in Parlamento. E le assicuro che quando dico larga intendo non solo nel Partito democratico”.

 

Ma che cosa prevede il sistema greco? “Turno unico con premio di maggioranza al primo partito. Il che – sostiene Orfini – consente di tenere insieme l’esigenza di rappresentanza della pluralità delle culture politiche del paese, tema indispensabile in un momento in cui forte è il distacco dalle istituzioni, e quella di governabilità, che rispetto al modello greco potrebbe essere resa più forte con accorgimenti specifici”. Ok alle modifiche anche dal deputato Luca Sani, vicino al gruppo di Maurizio Martina, e dalla deputata Elisa Simoni, vicina a Orfini e ad Andrea Orlando. “Condivido le parole del presidente Napolitano – dice la deputata Simoni al Foglio – circa le modifiche dell’Italicum sia nel merito dell’auspicabile superamento del ballottaggio che sui tempi e sulle responsabilità dell’iniziativa politica. Quindi è auspicabile una risposta in tal senso da parte del segretario del partito e dei gruppi parlamentari prima del referendum”. Disponibile al cambiamento della legge elettorale, seppur con alcuni paletti, anche il senatore renziano Andrea Marcucci. “La legge elettorale si può discutere. Ma con un punto fermo: deve garantire una maggioranza e un governo e la sera del voto si deve sapere chi ha vinto”, dice a Repubblica.it. Il renziano Andrea Romano non pensa che l’Italicum sia un tabù, anche perché l’attuale sistema elettorale presenta alcune cose che non lo convincono (“Le preferenze: sono il male assoluto”), ma “il ballottaggio – dice al Foglio – è un elemento di maturazione. Dal punto di vista dell’esperienza storica – è la cifra degli ultimi 20 anni – le coalizioni non funzionano”.

 

Il dibattito non si ferma solo al Pd. Anche fuori dal partito di Matteo Renzi la “linea Napolitano” trova consensi. In Ncd, per esempio. “Noi pensiamo che dare il premio alla coalizione invece che alla lista ed eliminare il ballottaggio e fare che vinca chi arriva primo, potrebbe essere un punto di approdo a cui una larga maggioranza di parlamentari potrebbe arrivare”, dice il ministro dell’Interno Angelino Alfano, che aggiunge: “Si è capito che il ballottaggio unisce forze opposte tra loro solo in odio a chi governa”. I consensi sono trasversali, dal senatore Riccardo Mazzoni di Ala a Pino Pisicchio, presidente del Gruppo misto alla Camera. “La cosa importante – dice Pisicchio – è evitare che nel turno di ballottaggio possa essere assegnato un premio di 340 deputati a una minoranza politica di un quarto o ancora meno. Su premio alla coalizione e soglia di validazione si può trovare un accordo  largo in Parlamento. Su ipotesi più articolate è più difficile”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.