Beppe Sala, nuovo sindaco di Milano (foto LaPresse)

Così Sala dovrà fare il sindaco ma anche il pivot dei riformisti

Maurizio Crippa

La continuità con la giunta arancione di Pisapia si accentuerà tra promozione delle periferie, dell'europeismo e del multiculturalismo. Il vincitore delle elezioni milanesi è inevitabilmente anche lo specchio delle difficoltà del renzismo.

Milano. L’inverno dello scontento di tutti quelli che a sinistra hanno votato Beppe Sala come il “meno peggio” s’è tramutato nello splendido sole milanese della prima giornata del sindaco – tra il pranzo con i bambini di un asilo e una rilassata conferenza stampa. In una notte di mezza estate, senza i caroselli e gli entusiasmi della festa arancione di cinque anni fa, Beppe Sala s’è ritrovato non soltanto primo cittadino, ma anche a essere il pivot sul territorio di un Pd in difficoltà. Non poteva andare tanto male che piovesse pure a Milano, domenica: il quadro di partenza per la sinistra era migliore che altrove, e anche se Stefano Parisi ha ottenuto più del previsto, i suoi margini di manovra al ballottaggio erano molto stretti. Piccola parentesi: se Parisi ha perso in alcuni dei municipi in cui il centrodestra aveva vinto al primo turno, qualche motivo ci sarà. Tutta da decifrare ad esempio una dichiarazione di Matteo Salvini: “Milano insegna che il dentro tutti non paga. La formula moderata era sbagliata e le minestre riscaldate la gente non le mangia”. Tornando a Sala, la vittoria faticosa per soli 17 mila voti (Pisapia superò Letizia Moratti di 68 mila) ha molti padri e alcune conseguenze. Così, esordio friendly con bambini a parte, sarà interessante seguire le prime mosse del neo sindaco.

 

Domenica sera, nel rapido saluto ai militanti, l’unica dichiarazione di contenuto programmatico è stata: “Le periferie saranno la nostra ossessione da domani mattina”. Ieri pomeriggio, Sala ha incontrato la stampa nel suo quartier generale e ha ribadito per prima cosa di non volere “una Milano a due velocità”. Approccio umanistico e sociale: “In questa avventura ho scoperto quanto conta il gruppo, abbiamo vinto tutti insieme”, nonché un nobile “a quasi sessant’anni, se mi chiedo cosa vorrei, vorrei essere un uomo giusto”. Un sindaco che ha bisogno di non essere percepito come un manager, di farsi scoprire uomo di coalizione e di sinistra, o quantomeno milanese col cuore in mano. Ha ammesso che la sua vittoria è merito anche di uno spostamento, “abbiamo recuperato sicuramente a sinistra”. Ora che però è divenuto un uomo simbolo della tenuta della sinistra riformista, Beppe Sala è inevitabilmente anche lo specchio delle difficoltà del renzismo. Certo, il Pd a Milano ha tenuto bene e anche migliorato, se si analizza la scomposizione del voto, ma è un dato di fatto che il nuovo corso non ha sfondato e che la componente che preferisce i voti e le alleanze a sinistra resta determinante.

 

E’ un po’ l’immagine della nuova fase politica. Come Renzi a livello nazionale dovrà vedersela con gli umori generali e del partito, a Milano Sala dovrà tener conto – forse più di quanto sperava inizialmente – della coalizione che ha determinato la sua elezione. Con il il piglio dell’uomo del fare, ha spiegato che si prenderà “al massimo una settimana” per annunciare la lista degli assessori (parità di uomini e donne, of course). E ha confermato che, oltre a introdurre “risorse di qualità dall’esterno”, intende “premiare tra i politici chi ha concorso con successo”. Ci sarà Pierfrancesco Majorino, il molto apprezzato capolista del Pd, destinato ad accrescere il suo peso politico, ci sarà il nume tutelare Umberto Ambrosoli, con un incarico da definire, e saranno riconfermati altri quattro-cinque assessori uscenti. La continuità con la giunta arancione di Pisapia si accentuerà. Sala ha confermato tre priorità: le periferie e la riqualificazione delle case popolari (“vorrei tenermi la delega”), l’ambiente e la mobilità (“visione ambientale di lungo termine”) e la promozione internazionale: attrazione degli investimenti e dei “migliori studenti del mondo” nelle dieci università milanesi, turismo.

 

Europeismo e multiculturalismo (“incontrerò subito il cardinale Scola e i rappresentanti di tutte le religioni”) saranno un altro trait d’union con la sinistra d’area Pisapia. Il quale ex sindaco, nel frattempo, ha riaffermato di non voler abbandonare la politica e di volersi adoperare per avvicinare il Pd alle anime della sinistra. Tra gli uomini di livello nazionale, Sala ha elogiato come “il più vicino” il ministro Maurizio Martina. Anche se l’uomo chiave dei rapporti con Roma sarà Graziano Delrio. Da lui passeranno giocoforza i grandi progetti di sviluppo che – ben più della moschea e l’ambiente – sono la vera scommessa della sindacatura. Quella cui guarda con attenzione il mondo economico e imprenditoriale che da sempre chiede sviluppo, investimenti, e meno peso della politica.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"