Il nuovo ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda (foto LaPresse)

Calenda non rinvii alle calende greche

Redazione
Sulle liberalizzazioni si può fare in fretta, e si può fare meglio

Uno dei primi compiti di Carlo Calenda, nuovo ministro dello Sviluppo economico, è quello di affrontare il tema delle liberalizzazioni riprendendo in mano la legge sulla concorrenza. Il provvedimento è impantanato da tempo in Parlamento, non soltanto per la vicenda che ha portato alle dimissioni dell’ex ministro Federica Guidi ma perché in campagna elettorale per le amministrative fa comodo evitare questioni divisive. Va dato atto al governo di aver predisposto la prima legge annuale sulla Concorrenza dal 2009, cioè da quando è stato previsto di approvare annualmente una norma che elimini gli ostacoli alla competizione economica, ma sul contenuto è giustificata una certa delusione per l’assenza di provvedimenti incisivi. Il ministro Calenda ha incontrato i relatori del provvedimento al Senato e ha indicato la via: “Dobbiamo andare veloci e chiuderlo non al ribasso”. Veloci ma non troppo, perché, come già detto, se ne riparlerà comunque dopo le amministrative. E anche sui contenuti è difficile andare ulteriormente al ribasso, anche se il rischio c’è.

 

Molti capitoli non sono entrati affatto nella legge, come per esempio i servizi pubblici locali, la liberalizzazione dei farmaci di fascia C o l’equiparazione tra taxi e noleggio con conducente. Su molte altre questioni delicate, come la sharing economy di Uber e Airbnb, si è deciso di non decidere; inoltre, la discussione sembra più su quanto proibirle che su quanto elaborare una regolamentazione capace di accogliere le innovazioni e sfruttarne il potenziale. E su altre questioni si va addirittura indietro, come per esempio per quanto riguarda l’emendamento “anti Booking” che cancella il “parity rate” su richiesta degli albergatori e penalizza i portali di prenotazione online.

 

Certo, ci sono anche provvedimenti positivi, come l’apertura completa all’ingresso di società di capitali nelle farmacie, quella parziale per gli avvocati, qualcosina sui notai, la liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica con la fine del “regime di maggior tutela” e dei suoi prezzi amministrati dal 2018 e l’anticipo della fine del monopolio delle Poste sulla notifica degli atti giudiziari. Il problema è che anche questi piccoli passi in avanti rischiano di essere smontati, annacquati e dilazionati dal voto in Aula e dal lavorio degli interessi particolari. Per fare un confronto con altre realtà più dinamiche e attente alla vitalità del mercato, si può riascoltare il discorso fatto pochi giorni fa dalla regina Elisabetta a Westminster sui provvedimenti del governo inglese. La novantenne sovrana britannica ha parlato con tranquillità della regolamentazione dei droni per uso commerciale, delle automobili senza conducente e delle stazioni aerospaziali. Da noi invece si parla ancora di taxi e notai. Le liberalizzazioni vere sono rimandate alle calende greche.