Una manifestazione dell'Anpi (foto LaPresse)

E' guerra tra i partigiani sul referendum costituzionale

Redazione
L’Anpi annuncia il “no” alla riforma della Carta, definendola una deriva antidemocratica, ma imponendo il bavaglio agli iscritti. Alcuni ex combattenti si ribellano ai vertici dell’associazione e alla vulgata immobilizzante della “Costituzione più bella del mondo”.

E’ scontro aperto tra i partigiani italiani sul referendum costituzionale di ottobre, dopo che il 21 gennaio scorso la principale associazione che li riunisce (l’Anpi) ha annunciato il suo sostegno al fronte del “no”. La decisione è stata confermata al XVI congresso dell’associazione conclusosi pochi giorni fa a Rimini, e sta creando profonde divisioni all’interno della compagine degli ex combattenti, per le modalità – ritenute verticistiche – con cui l’Anpi ha adottato questa scelta così politicamente delicata.

 

Ad avanzare dubbi, con una lettera pubblicata oggi sul nostro giornale, è stato anche lo storico e giornalista (ed ex partigiano) Arrigo Petacco: “Io che ho fatto il partigiano a 17 anni (diploma Alexander n. 54145), ora che di anni ne ho appena 87 – ci ha scritto – non posso non invidiare la giovanile fermezza di questi miei compagni certamente più vecchi di me. Io comunque voterò sì”.

 

A far discutere, è soprattutto il modo “autoritario” con cui l’Anpi – che oggi registra 124 mila iscritti, sempre più under 30 e sempre meno ex combattenti del nazifascismo – ha preso la decisione: una riunione di vertice tra pochi intimi, tenuta a febbraio, dalla quale è scaturito il secco “no” alla riforma della Carta voluta dal governo Renzi (“vulnus al sistema democratico”), con annesso bavaglio. “Riconosciamo il diritto di pensarla diversamente – ha scritto infatti il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia in una lettera diretta ai rappresentanti locali dell’associazione – ma non riconosciamo e non possiamo riconoscere il diritto a compiere atti contrari alle decisioni assunte”.

 

Vale a dire “niente pronunce pubbliche per il sì, niente iniziative a favore o con i comitati per il sì e nessun ostacolo, esplicito o implicito, alla nostra azione”. Un bel salto per un’associazione che dovrebbe riunire coloro che hanno contribuito a riportare la democrazia nel paese. E che, come raccontato oggi da Gian Antonio Stella sul Corriere della sera, ha indotto alcune sezioni dell’Anpi, come quella di Bolzano, a ribellarsi al diktat: “Nemmeno il centralismo democratico ai tempi del Pci di Giancarlo Pajetta mi ha mai ordinato di allinearmi con tanto rigore” ha detto il presidente dei partigiani altoatesini Orfeo Donatini, richiamando alla libertà di opinione, senza schierare l’Anpi in una battaglia dai risvolti partitici.

 

Un’altra forte critica a questo modus operandi è giunta oggi dall’ex partigiana Teresa Vergalli, sulle pagine dell’Unità. Vergalli lamenta come da tempo nell’Anpi non si dia “spazio, visibilità e ascolto a chi ha veramente combattuto”, e che non sia mai stato realizzato un censimento “per vedere quanti ex combattenti siano ancora iscritti”. “Personalmente ne conosco molti che non vi si riconoscono più” scrive l’ex partigiana, che definisce “inquietante” il fatto che una decisione così importante come quella sul referendum non sia stata messa in discussione in congresso ma “adottata in una riunione di vertice”.

 

Vergalli spiega anche perché, nel merito, la riforma costituzionale non rappresenta una deriva autoritaria come molti sostengono: “Tutto si può criticare, tutto può essere sognato e desiderato in forma perfetta, tutto si può concedere a molti anziani e nostalgici che si chiudono dietro a ‘nessuno tocchi la più bella Costituzione del mondo’. Ma nessuno può chiudere gli occhi di fronte ai cambiamenti della realtà e alla necessità di affrontarli”.

 

“I cittadini italiani e soprattutto i giovani – prosegue l’ex partigiana – non potranno che approvare la riduzione del numero dei parlamentari, lo snellimento delle procedure decisionali, la correzione sui poteri delle regioni. Con una Camera sola non saremo meno liberi, né mancheranno gli organi di controllo, dalle commissioni, alla presidenza della Repubblica, alla Corte costituzionale”. Vergalli, dal canto suo, annuncia che deciderà “se considerare ancora l’Anpi la mia organizzazione o se la parola ‘partigiani’ vi sia diventata un comodo e prestigioso mascheramento”.