Fedele Confalonieri (foto LaPresse)

AD 2016: il Cav. ha vinto

Confalonieri ci spiega i nuovi disegni geometrici dell'Italia berlusconiana

Salvatore Merlo
“La-Cina-è-vicina”, ride Fedele Confalonieri, sfottichiando le domande, sì, ma con un’allusione al Milan e alla cordata cinese, ai miliardi del signor Jack Ma, e quindi alle tentazioni e ai progetti più o meno lineari del suo fratello Cavaliere, al suo ordine nel disordine, dunque al riassetto delle aziende.

Roma. “La-Cina-è-vicina”, ride Fedele Confalonieri, sfottichiando le domande, sì, ma con un’allusione al Milan e alla cordata cinese, ai miliardi del signor Jack Ma, e quindi alle tentazioni e ai progetti più o meno lineari del suo fratello Cavaliere, al suo ordine nel disordine, dunque al riassetto delle aziende, della roba e del portafoglio, di Mondadori e di Mediaset, persino del Milan e pure di Forza Italia, tutto questo romanzone politico e famigliare, finanziario e sentimentale, giudiziario e generazionale, che si dipana tra i palazzi romani e quelli milanesi, tra affari e politica, tra pubblico e privato, come sempre, come per ogni dettaglio della vita fuori misura di Silvio Berlusconi, un romanzone in cui tutto si tiene, e nel quale comincia anche ad affiorare una logica. “Non parliamo del Milan”, dice allora Confalonieri, che cita le scritture: “Allontana da me questo calice…”, una frase che lui non completa, perché ancora allude con ironia, ma che nel Vangelo in realtà prosegue così: “Non sia fatta la mia, ma la tua volontà”, che in questo caso sarebbe quella di Berlusconi, quel signore molto ricco e ancora molto influente, malgrado le sentenze e l’incandidabilità, i tonfi giudiziari e quelli elettorali, che sta mettendo al sicuro il suo impero economico, ridisegnandone, da più di un anno ormai, tratti e confini, sfere d’influenza tra i figli, alleanze. Esattamente un anno fa veniva ceduto il 25 per cento delle antenne Ei Towers, poi ci fu la liquidazione del leasing della sede del Giornale a Milano, la cessione del 50 per cento delle assicurazioni Mediolanum, poi a novembre del 2015 la storica acquisizione della Rizzoli da parte di Mondadori, infine l’8 aprile 2016 l’ingresso di Vincent Bolloré in Mediaset, e ora il Milan. Ah, il Milan!

 

“Berlusconi è stato trattato da bauscia e da ganassa, da ribaldo e da ignorante, da paria e da infrequentabile, e invece guardatevi intorno, guardate l’Italia, la sua cultura, i suo tic, il suo costume: lui ha lasciato il marchio in questo paese”, dice Confalonieri, “Berlusconi ha vinto”. E uno che ha vinto nella società, vero o no che Renzi sia suo figlio (ma di sicuro è “uno che prenderei in Forza Italia”, disse il Cavaliere non troppo tempo fa), è anche un uomo che lentamente, scendendo faticosamente a patti con il proprio incontenibile orgoglio, accetta pure le trasformazioni e i cambiamenti, la tirannia del tempo, con le sue minacciose lancette, anche quel declino del consenso che pure si accompagna a un trionfo nel costume, e dunque la necessità di sistemare la casa, la famiglia, l’azienda, di adattarle a un mondo e a degli equilibri che si sono modificati per sempre. E allora Bolloré a Mediaset, “un’operazione che dimostra quanto Pier Silvio sia bravo”, dice Confalonieri. E Rizzoli? “Il capolavoro di Marina”. E il Milan? “Vedremo presto”. E Forza Italia? “Forse l’unica cosa sulla quale le idee sono meno chiare”, perché il riassetto della politica è ancora un’incognita, forse l’unica vera zona oscura in questa saga mai come oggi in pieno e periglioso svolgimento, un magma finanziario e politico che solidificandosi, a poco a poco, lentamente consegna la Fininvest, la holding di famiglia, la casa madre della monarchia d’affari di Arcore, a una nuova e inattesa forma solida.

 

Così, con quel suo modo garbatamente indiretto, sospeso tra il dire e il non dire,  Confalonieri costeggia anche la politica italiana, che tanta parte ha avuto nella sua vita, ma senza metterci mai nemmeno un piede sopra, “è preoccupante quello che succede in Europa”, dice. “Guardi l’Austria in questi giorni, il ritorno dei confini, gli sguardi ostili. Se si sbaracca l’Europa è un disastro. A volte la burocrazia un po’ ottusa di Bruxelles rompe le scatole, è incomprensibile, sbaglia… Ma fuori dall’Europa unita non c’è niente, solo il ritorno alla politica delle cannoniere, Dio ce ne scampi”. E allora Confalonieri non lo dice, ma sembra pensare che danzando tra Meloni e Salvini, tra lepenismo ed euroscetticismo, Berlusconi rischi di restare ai margini della presentabilità, del buon senso, se non dell’esercizio anche indiretto del potere e dell’influenza, che si sono spostati su Renzi, e che ovviamente hanno una loro importanza.

 

Il Cavaliere è adulto, realista e piuttosto disinvolto, capace di rapide escogitazioni e sorprendenti giravolte, sta mettendo a posto gli affari, sta persino, forse, vendendo il suo Milan ai cinesi, e nel calcio, come negli affari, c’è tanta ingegneria istituzionale, c’è la sapienza di governo. Così, se mai gli capita di ritornare sul suo vecchio pallino delle larghe intese in Parlamento, degli accordi con l’avversario, degli intrecci e delle carinerie nazarene, è proprio nei pranzi di famiglia e nelle conversazioni con gli uomini dell’azienda, dunque con Confalonieri.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.