Sit-in davanti alla sede Rai per chiedere le dimissioni di Bruno Vespa (foto LaPresse)

Rivoluzione Campo dall'Orto, ma quelle due paroline a Vespa…

Proprio ora che al Tg3 vogliono il nazional popolare, Saxa Rubra s'indigna

Anonimo Rai
L’altra mattina leggo l’intervista al figlio di Riina sul Corriere, vedo che ha un libro in promozione e già capisco tutto. Così chiamo al Foglio: “’A Cerà, co’ sto giornale state a difende tutti: i preti, i libri dei fighetti, le fidanzate di Milani.

L’altra mattina leggo l’intervista al figlio di Riina sul Corriere, vedo che ha un libro in promozione e già capisco tutto. Così chiamo al Foglio: “’A Cerà, co’ sto giornale state a difende tutti: i preti, i libri dei fighetti, le fidanzate di Milani. E’ l’ora che tu metta il Foglio a disposizione dell’unica battaglia che meriti di essere combattuta in Rai da anni a questa parte: trovare un modo pe’ manna’ affanculo Bruno Vespa”. Perché anche stavolta, ahimè, per l’ennesima volta, è andata male. Quello mica è uno qualsiasi: è spuntato fuori a un certo momento e gli ha detto: io l’intervista l’ho fatta, quindi? E a quel punto era già troppo tardi, l’iradiddio era già pronta: censura o giornalismo? Vespone mica è scemo: lo sa che i colleghi ci cadono come gonzi, che quando si tratta di alzarsi in piedi e dire la loro sulla deontologia non riescono a trattenersi. Così il giorno dopo s’era già guadagnato gli editoriali di Travaglio e Gramellini (no, non è un errore di battitura, lo riscrivo: di Travaglio e Gramellini), e ciao, la partita era già in salita. E poi lascia stare la puntata riparatrice del giorno dopo, lascia stare quelli del Pd che ora dicono che è il demonio, lo denunciano, e poi un minuto dopo sono di nuovo lì tutti a chiamarlo “dottor Vespa”.

 

No, lì, a mio modesto parere la cosa da fare era una sola. Facile, semplice, Campo dall’Orto nostro (iddio lo abbia in gloria) lo prenda come un sommesso consiglio di un umile servitore quale io sono. Una cosetta sola. Chiamarlo al settimo piano e dirgli: “’A Bru’, ma che cazzo stai affà? Ma vaffanculo, dai, nun scherzamo”. Ecco, questo piccolo gesto di rottura rispetto agli ultimi 40 anni, rispetto a come è sempre stato trattato Vespa alla Rai, a mio modesto parere, potrebbe anche dare frutti. Sbrigata questa pratica che traboccava dal mio cuore, un’altra cosa agita non tanto noi che stiamo a Mazzini quanto quelli di Saxa: la riforma dei tg.

 


Primo piano di Bruno Vespa (foto LaPresse)


 

Ora: qui serve una premessa. Quelli là sono abituati, sono vent’anni che li minacciano: vi riformiamo, vi accorpiamo, vi separiamo, pure quell’altra fregnaccia col nome inglese, come si chiamava… ah: la newsroom! Ma che state a dì, su. Quelli di Saxa sono intoccabili, lo sanno tutti. Sino a qualche settimana fa. Perché quel demonio di Campo dall’Orto nostro (iddio lo abbia in gloria) nel frattempo ha pronunciato quella frasetta: “Vi cambio la mission”. Cioè: voi state dove state, però a fare delle cose diverse. E la sola idea di “fare delle cose” ha scatenato il panico.

 

Diceva il Corriere: “E dunque avremo un Tg1 istituzionale, secondo tradizione, però con un tocco di moderno. Quello che resta il più visto, il vero momento informativo degli italiani, si svecchierà con accorgimenti tecnici, scalette destrutturate, sorprese nella narrazione”. La lettura pubblica e ad alta voce dell’articolo è stata accolta dalla redazione del primo telegiornale con un silenzio tombale. Poi, a un certo punto, si è alzato Massimo Mignanelli e ha detto: “Ma destrutturata come le giacche che andavano a inizio anni Duemila? E comunque io ce posso annà lo stesso a fare i servizi sulla neve?”. Però nessuno ha risposto perché tutti erano concentrati su quell’altra espressione: “Sorprese nella narrazione”. Persino Marione Orfeo, che è un giaguaro, pare abbia mormorato “E mo’ che cazzo me invento?”, mentre Giorgino, per farsi vedere subito in linea con le nuove direttive, la sera stessa voleva nascondersi sotto la scrivania e poi spuntare fuori gridando “sorpresaaaa!”, ma per fortuna una collega anziana gli ha spiegato che CdO forse non intendeva proprio quello.

 

Non va meglio al Tg2 che “diventerà sempre più un notiziario dei e per i giovani, interessato a costume, mode e società, agli stili di vita”, e allora tutti hanno capito perché c’era la Moreno vestita in latex e soprattutto perché Masi, pur di tenersi il posto, va dicendo in giro che Adele Ammendola è fidanzata con Fedez. Ma come sempre il meglio ce lo si aspetta dal Tg3: “Sarà attento alle grandi cronache del paese, al territorio, alla gente. Meno radical chic e molto più nazional-popolare”, e poi quella frase che dava il titolo: “Addio Telekabul”. Non c’è che dire, l’ho pensato persino io: una botta. La Berlinguer si è ritirata sul tetto di Saxa con alcuni fedelissimi, tipo colonnello Kurtz in “Apoclypse Now”, e oramai delira, dice parole a caso: “Io e Sandro Curzi… D’Alema… informazione democratica…”, ma nei corridoi della redazione si è ormai al liberi tutti. Le parole “gente” e soprattutto “nazional popolare”, poi, li hanno schifati e scandalizzati: “Ma per gente intendono quelli che vanno alla Festa dell’Unità?”, ha chiesto Maria Cuffaro. Insomma non bene. Delle reti per ora non parlo. Ma basta aspettare. Intanto alleniamoci e ripetiamo tutti insieme: “A Bru’: ma checca…”.

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