Ignazio Marino con Matteo Renzi (foto LaPresse)

Tre piccole controverità

Claudio Cerasa
Marino e l’irresponsabilità del Pd. Il bipolarismo e la lezione di Parisi e Rajoy. I confini si governano. Cosa ci dicono questi tre casi di Renzi e il Partito democratico.

’Gnazio Marino. Quando un partito delega alle procure la risoluzione dei suoi problemi succede sempre che le non scelte si pagano più di una cena in osteria pagata con le carte di credito sbagliate. Il caso Marino ci dice questo prima di ogni altra cosa e anche la giornata di ieri, che se possibile dimostra ancora di più che il pasticcio romano sta passando velocemente dall’essere un caso politico all’essere un caso clinico, ci dice che il vero dramma politico che riguarda Roma non è solo un sindaco irresponsabile ma è un partito che si ritrova a dover difendere una posizione insostenibile: ovvero che il conto che Marino deve pagare con la città riguarda un paio di euro relativi a una cena in osteria. Marino ha il diritto di dire quel che crede, di immaginarsi altri sessant’anni alla guida di Roma, di considerarsi in prospettiva il vero avversario di Renzi. Ma se c’è un qualcosa di più surreale dell’impazzimento mariniano quel qualcosa è un partito, il Pd, che dopo averlo sostenuto senza alcuna convinzione oggi non trova le parole giuste per spiegare perché Marino farebbe bene ad andare a casa senza fiatare più. Gli scontrini, signora mia, non c’entrano nulla. C’entra solo una cosa: l’incapacità di gestire una città. E chi avrebbe dovuto licenziare il marziano Marino per giusta causa oggi, non trovando le parole giuste per mandarlo via, in un certo senso dimostra di essere persino più marziano del sindaco marziano.

 

A proposito di marziani. Renzi farebbe bene a scolpire sulla pietra le parole offerte ieri su Repubblica da Arturo Parisi, stella polare del bipolarismo italiano. Ha detto Parisi, con parole che sottoscriviamo, che il presidente del Consiglio dovrebbe pensarci non una ma mille volte prima di cedere a una tentazione: modificare la legge elettorale, l’Italicum, e sostituire il premio alla lista con il premio alla coalizione. Sarebbe una follia, dice Parisi, perché la storia moderna ha dimostrato che il bipolarismo in formato coalizione produce distorsioni, costringe i partiti di centrosinistra a essere non una somma di alleanze ma una somma di divisioni e porta a una frammentazione tale del sistema politico in cui quello che a fatica è diventato il centrosinistra ci metterebbe un attimo a tornare un centro trattino sinistra. Provare a imporre il bipolarismo è invece il modo più sensato per ripercorrere la strada del bipartitismo. E come ha detto magnificamente due giorni fa il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy in un’intervista alla Tve citando i casi di Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania, il bipartitismo ancora oggi rappresenta “l’unico sistema politico che può permettere a un paese sviluppato di generare ricchezza e occupazione”. Adelante con l’Italicum, dunque, ma con estremo juicio sulla coalizione.

 

[**Video_box_2**]A proposito di controverità. C’è un dato niente male pubblicato ieri dal Corriere che riguarda tanto la politica dell’integrazione quanto quella dell’immigrazione. Il Corriere lo ha nascosto in una piccola tabella all’interno di un infografica ma la notizia valeva di più. Numero di migranti sbarcati in Italia dal primo gennaio 2014 al 27 ottobre 2014: 153.745. Numeri migranti sbarcati in Italia dal primo gennaio 2015 al 27 ottobre 2015: 139.770. Ovvero: finora, nel 2015, 13.975 arrivi in meno rispetto al 2014. Il dato potrebbe avere già di per sé una sua valenza per capire che hanno ragione tutti coloro che dicono che l’emergenza immigrazione ovviamente esiste ma è un’emergenza dettata più da un’insicurezza trasmessa dallo stato nella gestione del flusso che dai numeri stessi dell’emergenza. Ma il vero spunto che qui ci interessa è un altro ed è legato al fatto che il 2014 era l’anno di Mare Nostrum. Mare Nostrum è stata a lungo spacciata come l’unica risposta possibile per fronteggiare il flusso migratorio ma alla lunga si era trasformata in un’operazione che a suo modo ha contribuito a incentivare l’afflusso in Italia di migranti. Si diceva che il passaggio da Mare Nostrum a Triton avrebbe portato nuovi morti e nuove stragi (Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas italiana, 31 ottobre 2014). Ma i dati di oggi ci dicono che aver cambiato le regole di ingaggio, restringendo il raggio d’azione degli interventi in mare aperto, ha contribuito a disincentivare le partenze e a regolare il flusso migratorio. Triton poi è stato nuovamente cambiato ma oggi è difficile negare un principio elementare: i confini non possono essere genericamente aperti, ma vanno governati. E la dottrina del “tranquilli, venite pure tutti” può essere buona per ripulire le coscienze ma alla lunga incentiva sempre di più la partenza di barconi – e non aiuta a ridurre le condizioni per evitare di tingere di rosso il nostro Mediterraneo.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.