Maria Elena Boschi e Matteo Renzi (foto LaPresse)

Candidare una Boschi a Roma

Claudio Cerasa
Renzi può permettersi di considerare il partito della nazione un mondo che brilla di luce propria e immune dalle guerre intestine del partito della fazione? Le due opzioni del presidente del Consiglio.

Due popoli, due nazioni, due fazioni. Ce lo chiedevamo qualche giorno fa e ne parleremo ancora perché il problema è centrale e riguarda il futuro del Pd e di riflesso quello del governo. Problema: Renzi può permettersi di considerare il partito della nazione un mondo che brilla di luce propria e immune dalle guerre intestine del partito della fazione? Partendo da questa premessa, da qui alle amministrative il segretario del Pd ha due strade possibili da seguire.

 

Opzione a: comportarsi come se il voto nelle città fosse una questione che riguarda esclusivamente la classe dirigente locale e utilizzare lo strumento delle primarie anche per deresponsabilizzarsi – lo avete scelto voi, il popolo è sovrano, cosa volete da me (in fondo a Firenze anche Renzi sbocciò così senza input dall’alto). Opzione b: rendersi conto che è un rischio troppo grande lasciare che siano le fazioni controllate dalle correnti del Pd a decidere in libertà i candidati da promuovere nelle città e scegliere così di investire personalmente risorse ed energia nella futura campagna elettorale, sapendo che l’unico modo possibile per trasferire la forza del partito della Nazione sul partito della Fazione è puntare su volti che sappiano riflettere sul territorio l’immagine del partito di governo. Sintesi. Opzione a, disimpegno, simile a quello che c’è stato alle regionali. Opzione b, impegno, simile a quello che c’è stato alle europee. Renzi si troverà a scegliere tra questi due modelli, ed è libero di fare e anche di sbagliare. Ma se dovesse scegliere l’opzione b, per trasformare Roma non nel luogo della mattanza ma nel luogo della grande sfida, avrebbe un senso scommettere sul volto che oggi meglio rappresenta il renzismo di governo. E dunque perché non candidare una Maria Elena Boschi a Roma, e testare qui una scintilla che forse Renzi non può permettersi di non far scattare nelle grandi città in cui si voterà tra pochi mesi? Candidare Boschi, o una come lei, significa rischiare, certo, ma significa proiettare su Roma tutto quello che rappresenta politicamente la riforma costituzionale: nuovo bipolarismo, costituzionalizzazione del renzismo, Forza Italicum, sinistra senza comunismo, destra senza destra, governo, e tutto il resto.

 

[**Video_box_2**]Perdere a Roma non significherebbe perdere l’Italia, ovvio, ma rinunciare a combattere nella Capitale, anche a costo di testare un pezzo pregiato della generazione Renzi, sarebbe un rischio forse troppo grande da correre. Occuparsi quasi esclusivamente del governo va bene, perché, lo si è visto ieri, le tasse si possono abbassare anche senza avere un candidato a Napoli o a Roma o a Milano. Ma prima o poi Renzi dovrà mettere nel conto un problema semplice: se non ti occupi del partito prima o poi sarà il partito a occuparsi di te.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.