Giulio Tremonti (foto LaPresse)

Come ti smonto la riforma costituzionale (quella di oggi e quella di ieri)

Giulio Tremonti

 Il j’accuse di Giulio Tremonti che trasforma l’ex ministro dell'Economia in un paladino della critica al renzismo (con applausi dei grillini).

Signor Presidente, signori Senatori, la parte della Costituzione su cui principalmente insiste questa riforma è già stata riformata più o meno quindici anni fa. Allora furono, purtroppo, commessi tre errori principali: uno di metodo e due di merito.
Quello di metodo fu una riforma fatta da un Parlamento eletto con legge maggioritaria, con minima maggioranza numerica presente, in una logica terminale verso le elezioni e dunque più strumentale che altro. E poi due errori di merito. Il primo errore fu quello della combinazione tra due opposte ingegnerie costituzionali: insieme il decentramento e il federalismo. Decentramento furono le leggi Bassanini, che hanno destrutturato lo Stato centrale in nome del mito di una modernità positiva, ispirata dall'idea del dio mercato, che doveva entrare anche nel tempio dello Stato. E si sono visti i risultati. Si è, poi, aggiunto un federalismo caotico. Il caos sistematico interno al rapporto tra lo Stato e le Regioni. Tipica e simbolica, in questo senso, è la contraddizione in termini presente nel Titolo V, per cui le infrastrutture di interesse nazionale sono di competenza regionale. E’ così che abbiamo, allora, avuto il doppio danno della decomposizione dello Stato centrale e di un federalismo asimmetrico. E’ anche per questo che l'Italia è partita spiazzata, da allora, nel mondo globale. Oggi purtroppo siamo ancora davanti a errori simili, di merito e di metodo. L'argomento principe contro il Senato è che il Senato costituisce un fattore di ostacolo e di blocco nel processo legislativo. Non si considera sufficientemente il fatto che, nel frattempo, è avvenuta una radicale modifica della costituzione materiale del Paese, dove i decreti-legge prevalgono sulle leggi e la fiducia sui decreti più che l'eccezione è diventata la regola.

 

Trovatemi un provvedimento importante che non sia passato in sessanta giorni. Se ne ha assoluta e piena evidenza statistica nei dati degli ultimi anni, ma c'è anche un'evidenza politica: l'assorbimento consolare (e uso l'espressione elegante "consolare" per non dire napoleonico) della funzione legislativa nel potere esecutivo. Per inciso, il decreto-legge sul Colosseo: ci si chiede se vi sia necessità e urgenza per un provvedimento di questo tipo e si suppone che raccoglierà la fiducia. Faccio notare che se la ragione del provvedimento è la tutela dell'immagine del Paese, forse un emendamento potrebbe essere volto ad evitare gli annunci continui, in tutte le lingue, secondo cui sarebbero presenti ladri e borseggiatori all'interno del Colosseo. L'altro argomento, quello del costo del Senato, diventerà un boomerang, perché rispetto alle aspettative di azzeramento, emergeranno dati di comunque rilevante costo. In questa riforma c'è una parte che è assolutamente buona e che, se fosse isolata, io voterei con enorme interesse e favore, ed è la parte relativa alla rimozione delle cause dei conflitti verticali per competenze, tra Stato e Regioni. Ma purtroppo, oltre a questa, c'è di nuovo la replica del caos tra le competenze, a questo punto non più verticali tra Stato e Regioni ma orizzontali tra Camera e Senato. Il rischio più che evidente è di conflitto di sovrapposizione di competenze orizzontali tra i due rami del Parlamento, tra la Camera e il Senato, con il rischio che non vi sia il contrasto di un ramo contro l'altro, ma addirittura l'inerzia dell'uno che produrrebbe un danno ancora maggiore rispetto al contrasto. Per quanto riguarda il deficit nel processo costituzionale, che credo dovrebbe essere un processo corale, mi permetto solo di confrontare alcuni elementi della discussione presente oggi con quanto detto sui successivi tentativi di riforma del Titolo V dagli ultimi due Presidenti della Repubblica.

 

[**Video_box_2**]Infine c'è un punto che credo sia politicamente fondamentale ed è il combinato non positivo, tra riforma costituzionale e riforma elettorale: due parti della stessa cosa. Si dice che la riforma elettorale sia strutturata per attribuire al Governo il potere di governare. La domanda è: per governare che cosa? Per governare la normalità? Si trova sempre un costituzionalista che ti racconta del metodo inglese che deriva da «Homo ludens». Il first past the post, vince il primo che arriva dopo il palo. Va bene, se deve governare la normalità. Non va bene la finzione per cui, pur minoranza nel Paese, diventi maggioranza in Parlamento. Non va bene - e questo è il punto su cui credo tutti dovremmo seriamente riflettere - a fronte dei tempi che stiamo vivendo e dei tempi che stanno arrivando. La crisi finanziaria non è finita, è solo sospesa, e si cumula con una crisi geopolitica di intensità drammatica. Io credo che sia questo un caso in cui la legge elettorale il sistema, debba basarsi su forza politica vera e non su forza politica inventata per legge. Ho detto tutto questo non per mutare le vostre intenzioni, ma solo a futura memoria.

 

(Applausi dai Gruppi M5S, LN-Aut, CoR e Misto).