Angelino Alfano (foto LaPresse)

Alfano fa acqua da tutte le parti ma il potere gli scorre dentro

Redazione
Fenomenologia di un (non più) giovane leader di vecchia scuola diccì che rimbalza tra Renzi e il Cav. e non finisce mai a terra.

Roma. Fa acqua da tutte le parti, ma non resta mai all’asciutto. Rimane impigliato nel caso Shalabayeva, ma non schioda dal governo, inciampa sulla polizia che picchia gli operai a Roma, ma riesce a stare sia con le teste rotte sia con il manganello, poi un giorno gli capita l’avventura di contrapporsi all’elezione di Sergio Mattarella, ma fa subito marcia indietro e lo vede eletto al Quirinale, e infine, poiché gli riesce meglio mostrarsi eroico che durare coerente, difende Maurizio Lupi, è sicuro che il suo amico non si dimetterà mai, ma poi conduce lui stesso in porto le trattative con Palazzo Chigi per le dimissioni di Lupi. E insomma Angelino Alfano, capo di un piccolo e sgangherato partito che si chiama Nuovo centrodestra, sfida la logica e la fisica politica: con il tre per cento, dunque quasi senza voti, amministra un considerevole ruolo d’interdizione parlamentare, è quello che si dice un uomo indispensabile, sempre a galla nella sua tinozza sfondata. Quest’uomo che maneggia il baratto come una cosa ovvia, naturale e riposante, insomma con familiarità, è infatti indispensabile praticamente per chiunque abbia a che fare in qualche modo con lui: è indispensabile al suo partito litigioso che gli chiede di mollare il Viminale e di fare il segretario politico (ma lui da quell’orecchio non ci sente), è indispensabile per Matteo Renzi e le sue riforme (dal presidente del Consiglio lui si fa maltrattare, ma strappa sempre qualcosa che ha a che vedere con il sottogoverno, il sottopotere o il sottobosco), è indispensabile anche per le alleanze elettorali, già in queste complicate amministrative nelle quali Renzi cerca una conferma del successo delle passate europee, e che invece Berlusconi tenta di rimpannucciare alla meno peggio per occultare il declino. Ma chi dei due offre di più? Dipende.

 

E così nelle Marche, per esempio, Alfano appoggia il governatore uscente di centrosinistra, e con questa mossa gli è riuscito il magheggio di spaccare il Partito democratico di Renzi, niente meno. E in Veneto stringe la mano di Flavio Tosi, e consuma così la sua piccola vendetta su quel Matteo Salvini che adesso non sembra più così sicuro dei propri mezzi, e pare infatti che abbia un po’ smesso di fargli le pernacchie, ad Alfano, il ricercatissimo Alfano. Così lui rimbalza, gioca di sponda, si appoggia ora all’uno ora all’altro dei grandi attori sul proscenio. E questo siciliano di Agrigento, getto vegetale d’antica pianta diccì, è forse privo di quell’elemento caustico e pungente che rendeva i vecchi democristiani delle gigantesche e sapide sfingi, ma ha lo stesso equilibrismo, la stessa capacità di trattare, maneggia la stessa arte morbida ed eterna che è l’antica scuola primorepubblicana. E dunque in Campania, per dire, ancora non sceglie, si mantiene in surplace, coccolatissimo dal Pd e da Forza Italia, proprio lui che invece gli avversari volevano rendere ininfluente. Au contraire. E più la contingenza lo tratteggia con pennellate gravide e impietose, più Daniela Santanchè lo sbeffeggia, più Salvini tenta di umiliarlo, più lui attende, Angelino temporeggiatore. E dunque si lascia desiderare da Berlusconi, che a Napoli appoggia la candidatura del suo Stefano Caldoro, e si lascia corteggiare pure da Renzi, che coltiva l’idea di sostituire Enzo De Luca con un altro candidato, uno più pulito e che sparigli: Andrea Orlando? Chissà. In queste occasioni Alfano è specialista nel farsi sempre più remoto, come distaccato e composto in una specie di eterea, impalpabile materia. Non è sfiorato da dubbi né conosce amletismi, non è molto vendicativo né troppo permaloso, sa badare al sodo, e quello che conta alla fine non è nemmeno vincere alle elezioni, ma appunto restare in equilibrio, infilarsi come un tubo di gomma nel primo anfratto disponibile tra le pieghe del potere. Dovunque esso si trovi a scorrere.

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