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Piccola Posta

Una corsa a esagerare col cinismo

Adriano Sofri

Zelensky, certamente colpevole di aver troppo personalizzato la causa di un grande paese e un grande popolo, è vittima di un ostentato disprezzo che non si merita. Ora si parla di lui come di un intralcio all'incontro tra Trump e Putin 

Uno dei titoli di ieri dice quanto disgustoso sia l’orizzonte promesso. Putin pronto a vedere Trump. Ma resta il nodo Zelensky”. Per intenderci: “Ma resta ancora la rottura di coglioni di Zelensky”. L’Ucraina, territori all’uno, terre rare all’altro, è affare di una chiacchierata fra due gradassi, ambedue formati da case chiuse, pronti a spulciarsi mutuamente. Si può addebitare a Zelensky di aver troppo personalizzato la causa di un grande paese e di un grande popolo, ma questo ostentato disprezzo offende con lui popolo e paese e cittadini del mondo. E l’Europa, neanche nominata in quel titolo, neanche un “ma resta il nodo Europa”, quell’altra periferica rottura di coglioni. In compenso, le menzioni degli emirati e degli emiri sono gonfie di reverenza. Chissà se c’è ancora qualcuno capace di vergognarsi dell’ammirazione per gli emirati, i loro cortei di mogli in nero e di schiavi esotici e di negoziatori indulgenti. 


L’altro giorno il comandante in capo dell’esercito ucraino, Oleksandr Syrskyi, si è guadagnato a sua volta un titolo sul Kyiv Independent che faceva tremare: “Non c’è altra scelta che la mobilitazione”. Tremare e temere un nuovo pronunciamento sulla leva obbligatoria al di sotto del limite attuale di 25 anni, fino ai 18 anni, che è la richiesta antica degli americani condivisa a suo tempo da Valerij Zalužnyj. Il testo riferiva poi l’avvertimento di Syrskyi: la Russia sta accelerando la sua mobilitazione per avere dieci nuove divisioni in campo entro la fine dell’anno, nonostante una perdita record di uomini morti o feriti, “33200 solo a luglio”. Sicché, argomentava, l’Ucraina “non ha altra scelta che continuare le misure di mobilitazione, migliorare l’addestramento al combattimento e rafforzare la componente senza pilota delle nostre truppe”. “Continuare”, non vuol dire cambiare e allargare la mobilitazione, salvo che si voglia leggere fra le righe. Le misure di mobilitazione, da tempo impopolari nella sostanza e ancora più nelle modalità, sono il nervo più scoperto della società ucraina, rispetto al quale la ribellione sulle agenzie anticorruzione ha suonato un allarme inequivocabile. Riaperte le rivalità fra i leader attuali e potenziali della politica ucraina, Zelensky potrà vantare una resistenza strenua alla pressione per il reclutamento dai 18 anni, e una percezione del suo rischio, che ha singolarmente mancato invece nella circostanza dell’anticorruzione. 


Sull’orizzonte trivialmente squilibrato dell’eventuale negoziato pesa l’ulteriore differenza fra l’interesse di Putin a tirare avanti e il desiderio ucraino, leadership e gente, che la guerra finisca. Che cinismo e slealtà governino il mondo e costituiscano la norma cui anche la gente in spiaggia rende omaggio in cambio di un podcast di geopolitica, non fa stupire. Però si esagera. E c’è una corsa a esagerare, nel cuore dell’Europa, nel cuore del Mediterraneo. “Una feroce forza il mondo possiede, e fa nomarsi dritto” ("Adelchi"). “Al cuore Ramon, al cuore” ("Per un pugno di dollari").