Il primo ministro danese Mette Frederiksen (Ansa) 

Piccola posta

Operazione simpatia per la Danimarca che caccia i migranti

Adriano Sofri

Il governo (socialdemocratico) di Frederiksen autorizza a smistare le richieste di asilo in paesi extraeuropei. Contro ogni norma internazionale. In pratica negoziano il trasferimento dei profughi rifiutati con il Ruanda. Almeno hanno soccorso Eriksen

Il malore di Eriksen, la commozione e la premura dei suoi compagni, la partecipazione del pubblico (di ambedue, il danese e il finlandese) hanno procurato alla Danimarca una simpatia di cui aveva un gran bisogno. All’inizio del mese il suo parlamento aveva approvato una legge che, all’insegna del motto “Zero richiedenti asilo”, autorizza a smistare le richieste di asilo in paesi extraeuropei. La linea, che rompe con ogni norma internazionale sul diritto d’asilo, è dettata dal governo di minoranza socialdemocratico di Mette Frederiksen e felicemente condivisa dall’opposizione di destra. “Benvenuto in Danimarca! Ora te ne vai in Africa” – come riassume un quotidiano di Copenhagen, citato da Internazionale. Il numero di richiedenti asilo si era già ridotto fino a toccare il minimo dal 1998: un totale di 1.500, l’anno scorso. L’idea è di combinare espulsione (già annunciata nei confronti dei profughi siriani: la Siria è ormai accogliente…) e dissuasione: avvisati, i potenziali migranti si terranno alla larga. Il provvedimento ha riportato alla memoria la legge danese votata nel gennaio del 2016, che prescriveva il sequestro di denaro, beni e gioielli di migranti e richiedenti asilo, da perquisire all’ingresso, per qualunque valore che eccedesse i 1.350 euro. Legge proposta allora dal governo liberale e dall’estrema destra, e votata anche dai socialdemocratici all’opposizione. Solo in sede di emendamenti erano stati esclusi dal sequestro i beni “di speciale valore affettivo”. 

Il dettaglio più rivelatore della nuova legge sta nel primo paese africano individuato per negoziare il trasferimento dei richiedenti asilo rifiutati: il Ruanda. Quel Ruanda al quale sono ancora calde le mezze scuse formulate ufficialmente da Macron in visita davanti al Memoriale del genocidio del 1994, a Kigali: “La Francia non è stata complice, ma ha fatto prevalere il silenzio sull’esame della verità”. L’Europa ha dunque un occhio di riguardo per il Ruanda. La Francia di allora fu la più stretta alleata degli oltranzisti hutu, la Danimarca di oggi vi vorrebbe discaricare qualche suo migliaio di asilanti. Aiutiamoci a casa loro. 

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