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piccola posta

In fuga dalla Rsa

Adriano Sofri

Alcune sono vere evasioni, altri semplici gesti estremi che gli anziani compiono per disperazione. Per molti di loro le residenze sanitarie si sono trasformate in prigioni

Metto in fila i dettagli di una patetica notiziola da Robbio (Pavia) nelle cronache di ieri: “Tenta la fuga dalla Rsa calandosi dalla finestra: 91enne cade e muore”. Ha studiato l’evasione, si legge, approfittando di un “cambio turno delle infermiere”. (Dunque non avrebbe avuto altri momenti in cui andare dalla sedia alla finestra, dal letto alla finestra, non sorvegliato?) “Si è aggrappato a un tubo di gomma collocato da lui stesso”. E’ caduto dall’altezza di due metri e mezzo, e dapprincipio era cosciente: “Continuava a ripetere: ‘Scusatemi’”. (Del disturbo? Di aver dato l’impressione di non gradire abbastanza l’ospitalità? Dell’indelicatezza di essere ancora vivo?) “Era un uomo lucidissimo, affabile, ma provato dalla recente morte della moglie”. (Dunque voleva tornare a casa, a una casa? Raggiungere lei? Semplicemente: evadere?) “I suoi cari erano molto presenti” (povere persone). 

 

Un uomo vecchio, provato ma lucidissimo, non malato di una malattia contagiosa, non riesce a immaginare di poter prendere il corridoio, le scale e la strada della porta per uscire dalla Rsa? Qual è la regola, mi chiedo. Per capire, non certo per accusare e tanto meno per giudicare. A un vecchio, mi dico, una finestra può sembrare più aperta sulla libertà che una porta.

 

“Il magistrato non ha disposto l’autopsia”. Ecco una buona conclusione. Era del tutto inaspettato, questo evento. Ma una volta che è successo, non c’è nessuno, nemmeno il magistrato, che non lo trovi del tutto spiegabile, spiegato. 

 

Ho cercato in rete con le parole: “Tenta la fuga dalla Rsa”. E per esempio, ho trovato una notizia torinese del 6 aprile scorso. “Chieri, fugge dalla Rsa e cade dal secondo piano. L’anziano, 65 anni, si sentiva solo: è ricoverato con fratture multiple”. Qui è più difficile evocare un’evasione, in senso stretto: “Lanciandosi dal secondo piano”, dice l’articolo. “Da qualche mese era in degenza lì. Già diverse volte aveva chiesto di poter lasciare quel posto e probabilmente nella domenica di Pasqua la voglia di fuggire ha preso il sopravvento”. La cronaca riportava il commento della dirigente di un’associazione di volontariato: “Non è la prima volta che capita. C’è chi scavalca il balcone, chi si lancia dalla finestra. Spesso sono gesti dettati dalla solitudine. Dalla voglia di rivedere i propri cari. Un disagio amplificato dalla pandemia. Questi anziani vivono l’incubo della morte e della malattia, l’impossibilità di uscire all’esterno e di ricevere visite dei propri cari a causa dei protocolli di sicurezza per contenere la pandemia /…/  Per molti di loro  queste strutture si sono trasformate in prigioni”. 

 

Oggi – domani, quando scrivo – saremo probabilmente parecchi a riempire la nostra rubrica quotidiana con l’evasione del signor Giuseppe C., 91 anni, che continuava a scusarsi. Certi episodi sembrano fatti apposta per le rubriche quotidiane. 

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