Papa Francesco, durante la messa di Pasqua lo scorso 4 aprile (LaPresse)

Piccola Posta

“Se Cristo tornasse oggi”, un'antologia da Papa Francesco a Dostoevskij

Adriano Sofri

“Gli chiederebbero l’autografo, e niente piu’”, direbbe Lev Tolstoj

Alla vigilia di Pasqua, Papa Francesco, in un brano un po’ involuto, ha opposto lo scandalo pubblico che la predicazione di Gesù seppe suscitare a suo tempo a ciò “che oggi occuperebbe appena la terza pagina di un giornale di provincia”. Il riferimento alla terza pagina non ha a che fare con l’antica collocazione della cultura, vuol dire semplicemente che non prenderebbe la prima pagina, e nemmeno la terza in un giornale nazionale. Ha detto ancora il Papa: “Noi non ci scandalizziamo perché non si è scandalizzato Gesù dovendo dare la vista ai ciechi in mezzo a gente che chiudeva gli occhi per non vedere o guardava dall’altra parte” (similmente qualche tempo fa Antonio Socci, trattando di Padre Pio: “Se Gesù tornasse e fosse visto anche oggi mentre cammina sulle acque, certi giornali l’indomani titolerebbero: ‘Clamoroso. Gesù di Nazareth non sa nuotare’…”).

 

A suo modo, Francesco ha risposto alla domanda: “E se Gesù tornasse sulla Terra?” che continua a essere delle più frequenti e non di rado delle più disinvolte. C’è ora la serie, “Messiah”, e c’è il fumetto “Jesus” di Staino, e quello “Jenus” con allegato gioco, e il film, “Oh mio Dio”, e lo spettacolo “Laika” di Ascanio Celestini 2015, e i romanzi, “L’ombra del padre” di Roberto Pazzi, Frassinelli 2005, e “A volte ritorno” di John Niven, Einaudi 2012, e ora l’“Io sono Gesù” di Giosuè Calaciura, Sellerio, che raccomando, eccetera. 

 

Fatta sul serio, la domanda è al cuore del cristianesimo che è una religione per eccellenza messianica e crede nel ritorno del Cristo, che coinciderà con la fine dei tempi. Il messianismo ha avuto diverse età di auge ed è possibile che questa, di pandemia e consumazione del pianeta, ne alimenti una nuova. I comuni cristiani contemporanei rimuovono il Cristo degli ultimi giorni, e tutt’al più lo figurano come un turista in incognito che viene a farsi un giro, nasce su un barcone nel Canale di Sicilia, fa le consegne in bicicletta e va a rovesciare i tavoli in piazza San Pietro. In effetti Gesù torna tante volte quanti sono i poveri cristi del mondo, e le povere.
Sulla scorta di Dostoevskij, Carlo Michelstaedter scrisse: “Se Cristo tornasse oggi, non troverebbe la croce ma il ben peggiore calvario d’un’indifferenza inerte e curiosa da parte della folla ora tutta borghese e sufficiente e sapiente – e avrebbe la soddisfazione di esser un bel caso pei frenologi e un gradito ospite dei manicomi”. Con una tensione drammatica e spesso angosciosa la domanda sul ritorno di Gesù sulla terra corre attraverso tutta la vita e l’opera di Fjodor Dostoevskij. Alcuni dei suoi personaggi sono figure di Cristo, come il principe Myshkin, o l’“uomo ridicolo”. Solo una volta Dostoevskij si avventurò fino a farlo tornare davvero sulla terra, lui, Gesù, ne “La leggenda del Grande Inquisitore”.

 

Ma si impose di non aggiungere una sola parola, un solo monosillabo a quello che Gesù aveva detto nella sua prima venuta e sta scritto nei Vangeli. Gesù tace di fronte al Grande Inquisitore, che sembra dunque condurre un lungo monologo. E tuttavia Dostoevskij, che non oserebbe il sacrilegio di mettere una propria parola in bocca a Gesù, gli fa però compiere un gesto sublime. “Il vecchio vorrebbe che dicesse qualcosa, sia pure di amaro, di terribile. Ma Egli tutt’a un tratto si avvicina al vecchio in silenzio e lo bacia piano sulle esangui labbra novantenni. Ed ecco tutta la Sua risposta. Il vecchio sussulta”. Questo gesto, il bacio che lascia sbigottito l’Inquisitore, è la risposta, e dunque fa del monologo un dialogo: tutti gli argomenti, formidabili, che il vecchio gli ha rovesciato addosso sono rovesciati, o almeno pareggiati. Il vecchio adesso gli spalanca la porta e gli intima di “non venire mai più, mai più”. Il Prigioniero si allontana per le vie oscure della città. Il bacio arde nel cuore del vecchio, che però persiste nella sua idea. È un testo sul quale si tornerà sempre di nuovo, senza fine.

 

Per finire, almeno oggi, almeno qua, passiamo a Lev Tolstoj, al diario. “25 novembre 1888. / Sono stato poco bene. Ho dormito male. E’ venuta la Hapgood. / La Hapgood: ‘Perché non scrivete?’ / Io: ‘E’ un inutile passatempo’. / La Hapgood: ‘Perché?’ / Io: ‘Ci sono troppi libri, e ora qualsiasi libro scrivi, il mondo va avanti sulla stessa strada. Se venisse Cristo e desse alle stampe il Vangelo, le signore gli chiederebbero l’autografo, e niente più”. Amen.

Di più su questi argomenti: