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Tra Barcellona e Madrid è sempre il solito copiono

Adriano Sofri

Intanto a Iskan, il viale della movida di Erbil si divide tra i tifosi del Barça e quelli del Real

I castigliani, i catalani, i fiamminghi, quelli di Bruxelles, gli altri europei, sono colti e aperti. Conoscono Gesù e Buddha, Rosa Parks e il giovane di Tiananmen, don Chisciotte e Sancio Panza, san Francesco e papa Francesco, Simone Weil e lo scrivano Bartleby, Mandela e Jan Palach, il principe Myškine Gandhi, Madre Teresa e Jovanotti, eccetera. Nascono a Madrid e sono di casa a Barcellona, nascono a Barcellona e sono di casa a Madrid. Arrivati al dunque, non hanno saputo fare altro che obbedire al copione: io dichiaro l’indipendenza, tu mi metti in galera, io minaccio di metterti in galera, tu dichiari l’indipendenza, gli altri stanno a guardare, non è di loro competenza, non uno che abbia scartato di lato, che abbia fatto la mossa del cavallo, che abbia preferito di no. Naturalmente un peggiore c’è: è sempre il peggiore chi ti mette in galera. Ma le cose sono andate così oltre che anche chi va in galera rischia di essere buffo, e chi non ci va è senz’altro ridicolo, e gli altri dicono Todos a la cárcel, che altro vuoi dire. Nel Kurdistan si sentirono affratellati ai catalanisti, pensarono di esserne meglio compresi nella loro sfida di tenere un referendum (consultivo, eh!) che ha tirato loro addosso l’invasione straniera. Vado a vedere che cosa si dice a Iskan, il viale della movida (maschile) di Erbil, finora diviso in due: quelli del Barcellona e quelli del Real Madrid.

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