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Il piccolo lapsus di Angela Merkel che ha abbattuto l'ultimo Muro

Adriano Sofri

Nozze gay, ricorsi storici e lungimiranze da cancellieri. Nell’ultimo scampolo della sessione parlamentare, la legge è stata approvata a larga maggioranza

Ho letto con grande curiosità le cronache e i commenti sulla fortunosa (almeno in apparenza) trafila culminata nel voto finale del Bundestag che legalizza il matrimonio fra persone dello stesso sesso e il loro diritto ad adottare insieme dei figli. Raccontano infatti le cronache che questa svolta “storica” è avvenuta per caso, o meglio per sbaglio. Lo sbaglio, una specie di voce dal sen fuggita, l’avrebbe commesso Angela Merkel lunedì scorso nel teatro berlinese intitolato a Maxim Gorki (“La madre”…): intervistata dalla direttrice del mensile femminile “Brigitte”, Merkel ha risposto a un signore del pubblico desideroso di sapere quando avrebbe potuto chiamare il suo compagno “marito”. Merkel, che da dieci anni sbarrava la strada all’approvazione del matrimonio fra persone dello stesso sesso, ha risposto che stava maturando un cambiamento e che pensava che la questione andasse trattata, piuttosto che come l’obiettivo di una campagna politica, come una questione di coscienza. I partiti favorevoli al matrimonio omosessuale, socialdemocratici, verdi e sinistra, hanno fornito immediatamente la propria interpretazione: in Parlamento si sarebbe votato secondo coscienza, liberi da vincoli di partito, e hanno presentato la loro mozione, già passata, se non ho capito male, nel Bundesrat. Così, nell’ultimo scampolo della sessione parlamentare, la legge è stata approvata a larga maggioranza, col voto contrario della cancelliera. Con la quale uno spiritoso esponente socialdemocratico si è congratulato per il suo “Momento-Schabowski”. Günter Schabowski era l’importante dirigente del Sed, il Partito di unità socialista di Germania, dittatore della Ddr, cui il 9 novembre del 1989, in una conferenza stampa trasmessa in diretta, un corrispondente dell’Ansa chiese quando sarebbe entrata in vigore la nuova norma che autorizzava i cittadini della Ddr a viaggiare all’ovest. Lo sventurato rispose: da subito. Era disinformato, e la nuova norma sarebbe entrata in vigore il giorno dopo. Ma le sue due parolette bastarono a far assaltare il muro e spalancarne le porte. Meravigliosa storia – che dà alla Storia il suo accessorio minuto, fortuito e apparentemente decisivo. In Italia abbiamo fior di Momenti-Schabowski, benché distanti dalla pretesa della Storia con la maiuscola, e spesso capaci di drizzare muri e muretti. Tornando alla signora Merkel, mi resta qualche dubbio. Pensare che avesse premeditato, improvvisando la risposta all’improvvisata domanda nel teatro Gorki, la precipitazione successiva degli eventi è farla troppo lungimirante. Ma anche pensare che la versione del “da subito” lì pronunciata le sia del tutto sfuggita è farla troppo ingenua. C’era un muro di Berlino da abbattere, la gente ci premeva contro da anni, erano già da anni in gran maggioranza, e resisterle sarebbe alla lunga costato carissimo alla cancelliera e al suo partito. Alla lunga, vuol dire un paio di mesi o poco più, fino alle elezioni federali. D’altra parte persuadere la Cdu (o, peggio, la Csu) a “maturare” sul matrimonio fra persone dello stesso sesso sarebbe stata impresa impossibile. Nel giro di quattro giorni con la spesa di un piccolo lapsus Angela Merkel si è sbrigata di una grana e si è regalata, con il proprio superfluo voto contrario – noblesse oblige – una svolta della quale probabilmente è intimamente convinta. Non si è smentita e ha solo aiutato la Provvidenza. Il contrario, tutto considerato, del Momento-Schabowski. Tornando all’Italia, possiamo solo augurare alla sua maturanda classe politica cento di questi Momenti-Merkel.

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