L'ex sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini (foto LaPresse)

Il problema politico-giornalistico della sconfitta di Nicolini e della vittoria di Orlando

Adriano Sofri

Tutti sottolineano che il sindaco di Lampedusa ha perso per il suo eccesso di apertura verso i migranti. Ma il sindaco di Palermo dice le stesse cose. E ha trionfato

Vorrei porre un problema politico-giornalistico, sollevato dalla concomitanza di due risultati delle elezioni amministrative: la sconfitta della signora sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, e il trionfo del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Benché Nicolini spieghi che la sua sconfitta non deve spiegarsi con la questione dell’accoglienza ai migranti, è inevitabilmente questa l’interpretazione che se ne dà da lontano, e anche da lontanissimo, dove i meriti di Lampedusa e della sua gente erano arrivati. Del resto la prima dichiarazione raccolta dal sindaco rientrante è stata, manipolata o no, “Migranti, ora si cambia tutto”. E comunque è esperienza comune che i riconoscimenti internazionali diventino inversamente proporzionali ai malumori domestici. 

 

Contro, sta il caso di Palermo. Sono lontano dalla Sicilia da troppo tempo per averne un’idea diversa da quella che qualunque lettore o ascoltatore di radio possa farsi sull’Orlando attuale. Ma appunto, così da lontano l’aspetto che colpisce di più, ormai da anni, è il discorso senza riserve né precauzioni che Leoluca Orlando fa sui migranti, sulla provvidenza del loro avvento, sull’abolizione del permesso di soggiorno, su Palermo arabo-normanna (oggi, non l’altroieri), su una futura Norimberga (non a Norimberga) che giudicherà un giorno del genocidio dei migranti e così via. Non c’è nessun altro esponente politico di qualche rango, che io sappia, che pronunci parole così rigorose su un tema universalmente ritenuto come il più impopolare. E sul quale, con concetti e parole esattamente contrarie a quelle di Orlando, si costruiscono le nuove carriere italiane ed europee e transoceaniche. Ho detto di discorsi e di parole, perché non so a quale pratica corrispondano e può darsi che si tratti di una retorica, arte in cui Orlando è senza dubbio versatissimo. Ma ammettiamo che sia così: non è forse stupefacente che una retorica demagogica che cavalchi a oltranza l’argomento della fratellanza e dell’accoglienza a tutti i migranti si traduca, coi tempi che corrono, nel più travolgente successo elettorale? O comunque non lo pregiudichi? Quel po’ che leggo nei commenti al trionfo di Orlando sembra non ritenere interessante questo dettaglio. È molto strano che ci si affretti a constatare l’affossamento della leggenda di Lampedusa per un eccesso di zelo migratorio e si ignori la questione nel caso, piuttosto grosso, di Palermo.