Beppe Grillo (foto LaPresse)

La divisione politica e umana che le fesserie del M5s producono a sinistra

Adriano Sofri

L’impossibile opposizione con la destra e l’opinione su Grillo

Ci fu un momento, credetti, in cui l’opposizione fra destra e sinistra poteva davvero essere oltrepassata: questioni come il femminismo e l’ecologia imponevano che il primato unilaterale della lotta di classe o della questione sociale venisse messo in causa, parole come conservazione si mostravano almeno ambivalenti, l’idea di una solidarietà umana che non facesse da alibi allo sfruttamento e al dominio appariva possibile e necessaria. Le cose andarono diversamente, com’era inevitabile. Le guerre ripresero la loro parte, con gli interessi, senza fare troppa fatica a trovarsi i loro pretesti. Internazionalismo e confederazione umana si tradussero impetuosamente nella globalizzazione cosiddetta. La lotta di classe non si tagliò le unghie, al contrario: come avrebbe detto un gran milionario americano, semplicemente, “l’abbiamo vinta noi”. Venne la guerra mondiale per la riconquista delle donne, vennero le migrazioni, i giochi di mano della finanza alleati con i regimi autoritari, la riscossa dei fanatismi bigotti.

Quando oggi si dice che destra e sinistra sono categorie superate, si fa il gioco di qualche padrone, come si diceva una volta: dei molto ricchi, dei troppo maschi, dei fanatici, della propria personale quota di padronato eccetera. Solo che immaginare di ripristinare un’opposizione fra destra e sinistra tutta d’un pezzo è un’illusione ridicola: le cose sono andate in molti pezzi, e bisogna ricomporle senza un disegno precostituito cui attenersi. Oggi non c’è persona di sinistra che non sospetti nelle altre persone di sinistra altrettanti rinnegati, compiuti o potenziali. Questione delle migrazioni distinta dalla questione dei migranti in carne e ossa, questione delle libertà e dell’intolleranza, questione dell’uso legittimo della forza rispetto al pacifismo, questione del lavoro di fronte al mutamento della sua divisione internazionale e delle tecnologie, questione del sapere, formidabilmente arricchito dalla rete, di fronte alla vanagloria dell’ignoranza saccente esaltata dalla rete, insofferenza e feticismo della democrazia, sono altrettante barriere che sbattono di qua e di là quelli che vengono dalla sinistra, e anche quelli che ci vanno o intendono restarci. In Italia, dove il cosiddetto (male) populismo, cioè la demagogia imbrogliona, ha preso soprattutto le fattezze disorientate, ambigue e spregiudicate del grillismo, la confusione fra destra (destre) e sinistra (sinistre) è maggiore che altrove, e costringe più che altrove a reinterrogarsi dalle fondamenta. E una delle divergenze più laceranti fra persone che si sentono di sinistra, o anche “sinceramente democratiche”, passa proprio dal sentimento e dall’opinione sul grillismo. Lacerante politicamente e umanamente.

Lo stesso modo in cui si è affrontato lo scorso referendum sulla Costituzione, indipendentemente dal voto, ne è stato enormemente influenzato. Respingere la domanda sulle conseguenze politiche del voto in nome della (schietta o assai più spesso simulata) attenzione al merito della legge, era possibile solo a condizione di confidare nel presente o, soprattutto, nel futuro del Movimento 5 stelle. Il quale ha un passato già ingente, e un presente e un futuro che vanno svolgendosi eloquentemente sotto i nostri occhi. Opinionisti pensosi osservano come la sequela di fesserie dei 5 stelle non intacca il credito che tanta parte dell’elettorato assegna loro. Vedremo per quanto, e vedremo anche dove andrà, una volta disilluso davvero, quell’elettorato, fra una politica delle mezze misure e una destra cattiva senz’altro. Ma è già interessante interrogarsi sull’effetto che le fesserie dei 5 stelle hanno sul credito loro offerto dagli opinionisti pensosi e dai sinceri democratici. La maggioranza dei quali sembra non vacillare nelle proprie aspettative, ideali o spicce. Questa è diventata una linea di divisione, politica e umana, “a sinistra”, particolarmente pesante e amara. Poi c’è l’alternativa – cioè, non c’è. Ma è un’altra questione, la prossima.

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