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Le idee in cui ha creduto Conte potrebbero costringerlo a cambiare strategia

Rocco Todero

Il Presidente del Consiglio ha sempre predicato l’adeguatezza e la proporzionalità delle misure adottate. Ma se il lockdown non dovesse funzionare a sufficienza quelle stesse idee porterebbero in tutt’altra direzione

Da quando ha dovuto affrontare l’emergenza del Coronavirus, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha sempre fatto voto d’obbedienza ai principi giuridici di adeguatezza e proporzionalità da applicare alle misure da intraprendere per contrastare la grave epidemia.

Non c’è stata conferenza stampa nella quale il Premier abbia omesso di ricordare come tutte le misure limitative delle libertà fondamentali dei cittadini debbano essere nell’ordine,  adeguate ad affrontare la diffusione del virus, strettamente necessarie a contenerlo, sopportabili rispetto alle perdite che esse comporteranno. Né c’è stato decreto legge o  DPCM, fra quelli sottoscritti da Conte dal 23 febbraio in poi, che abbiano trascurato di prescrivere l’adeguamento di tutte le misure di contrasto all’evoluzione delle diffusione dell’epidemia.

Per questa ragione, ad esempio, i DPCM che si sono susseguiti l’8, l’11e il 22 marzo hanno visto una progressiva imposizione di restrizioni alle libertà degli individui e delle imprese, sino a giungere a quello che è stato definito lockdown su tutto il territorio nazionale.

L’evoluzione dei provvedimenti adottati dal Capo dell’Esecutivo, unitamente alle dichiarazioni rilasciate alla stampa, non lasciano dubbi su quale sia stata, sino a questo momento, la logica che ha ispirato l’azione di contrasto al Coronavirus. All’aumento di contagi, ricoveri e morti sono state ritenute adeguate, necessarie e proporzionate, la limitazione sempre più estesa delle libertà fondamentali dell’individuo e la progressiva sospensione della maggior parte delle attività produttive industriali e commerciali. 

Il professor Conte, però, non potrà negare la necessità di verificare, prima o poi, la reale adeguatezza delle misure adottate su tutto il territorio nazionale e la validità della legge scientifica che le ha ispirate.

Qualora il trascorrere del tempo dovesse dimostrare, infatti, l’inidoneità delle azioni intraprese a contenere drasticamente la diffusione del virus, il Premier dovrebbe prendere atto anche della loro già dimostrata non necessarietà, vale a dire della possibilità di sostituirle con misure meno invasive e gravose. 

Una cosi intensa privazione della libertà fondamentale come quella che stiamo vivendo può trovare giustificazione, infatti, solo se appare l’unico strumento capace di assicurare un risultato auspicabile. Una limitazione delle libertà che non producesse i risultati attesi, in altre parole, svelerebbe anche l’inutilità della sua imposizione e aprirebbe necessariamente le porte a nuove e diverse valutazioni.

Se dovesse crollare, quindi, l’impalcatura della adeguatezza e della necessarietà delle misure adottate, impalcatura, lo si ripete, sulla quale è stato lo stesso Presidente del Consiglio a volere edificare la legittimità di tutte le prescrizioni sino a questo momento imposte agli italiani, crollerebbe inevitabilmente anche il terzo pilastro della proporzionalità, atteso che gli effetti negativi dovuti alle azioni intraprese risulterebbero troppo gravosi rispetto ai risultati positivi ottenuti nel campo del contrasto al Coronavirus (la cosiddetta proporzionalità in senso stretto).

Il blocco dell’economia e la paralisi delle libertà fondamentali per milioni di individui sull'intero territorio italiano potrebbero non incidere sensibilmente sul contenimento dell’epidemia e ciononostante produrre danni irreversibili e, a quel punto, insopportabili oltre che inutili.

In una situazione d’emergenza nuova e complicata come quella imposta dalla diffusione del Coronavirus non ci sono termini da considerare perentori allo spirare dei quali si possa pensare d’imporre di necessità una nuova e diversa strategia. Rimane tuttavia inderogabile il dovere di riconsiderare le proprie convinzioni quando i fatti dovessero smentirne il fondamento e svelare l’inutilità dei gravosi sacrifici che quelle medesime idee hanno imposto.

Prima o poi il Presidente del Consiglio potrebbe essere costretto a pensarci. Speriamo non sia necessario.