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Non serve attendere la Corte costituzionale per dare un dispiacere a Salvini sul decreto sicurezza

Rocco Todero

Da molti anni oramai i giudici, con l’avallo della Consulta, sospendono l’efficacia della legge in attesa della pronuncia sulla legittimità costituzionale

Matteo Salvini dovrà farsene una ragione. Nel nostro ordinamento la sacralità della legge, della volontà cieca del Parlamento, non esiste più da molto tempo.

 

A dispetto di quanto va ripetendo da giorni la maggioranza dei commentatori, non corrisponde a verità che “la legge è legge” e deve essere osservata sino a quando la Consulta, appositamente investita della questione, non avrà deciso sulla sua legittimità.

 

Da anni i Tribunali civili ed amministrativi, con l’avallo della stessa Corte costituzionale, hanno escogitato degli strumenti processuali per sospendere immediatamente l’efficacia d'una legge che è sospettata di violare la Costituzione Repubblicana.

 

In sede di ricorso d’urgenza, davanti alla giurisdizione ordinaria o innanzi ai Tribunali amministrativi, qualora il Giudice ritenga che la legge approvata dal Parlamento e promulgata dal Presidente della Repubblica presenti profili di incostituzionalità e che la sua efficacia sia causa di una grave lesione dei diritti individuali, può sospendere il provvedimento che è stato emanato in ossequio alla legge, può stoppare l’azione dell’amministrazione posta in essere in esecuzione della volontà del Parlamento, può assegnare al ricorrente il bene della vita che è stato negato secondo quanto stabilito dalle disposizioni della legislazione ordinaria.

 

Ad una condizione tuttavia: che contestualmente il processo sia sospeso e sia investita la Corte costituzionale della questione di legittimità e che la misura cautelare adottata abbia efficacia solo sino a quando la Consulta non si sarà pronunciata sulla legittimità costituzionale della legge (Corte cost. sentenza n. 200/2014; Corte Cost. 83/2013; Corte Cost. 211/2011; Corte Cost. 236/2010).

 

Allo stesso modo, all’interno del processo penale, allorché l’imputazione trovi giustificazione in una disposizione legislativa che si dubita essere in contrasto con la Costituzione, il Tribunale non procederà a comminare la condanna sino a quando la Corte non avrà sciolto i dubbi sulla legittimità della legge.

 

Un meccanismo, quello della sospensione cautelare della legge, introdotto dalla giurisprudenza per evitare che l’immediata efficacia della volontà del Parlamento possa travolgere irrimediabilmente le posizioni giuridiche fondamentali degli individui, quelle assistite da particolari garanzie costituzionali come la vita, la libertà, la salute, l’istruzione e il lavoro.

 

Perché non esiste alcuna sacralità della legge da quando abbiamo deciso di vivere all’interno di un ordinamento costituzionale puntellato dalle libertà e dai diritti fondamentali dell’uomo, da quando abbiamo accettato che la Sovranità appartiene al popolo che la esercita però nelle forme e nei limiti previsti della Costituzione, da quando ci siamo convinti che la legge debba essere frutto tanto della volontà quanto della razionalità e della ragionevolezza.

 

Gli amanti della volontà cieca del Parlamento si mettano il cuore in pace: viviamo ancora in uno Stato di diritto.