Prima gli italiani? Solo quelli che votano per Salvini

Rocco Todero

Dietro la sbandierata politica nazionalista si tenta d’occultare decisioni di spesa arbitrarie e partigiane. Come accade sempre

Matteo Salvini si sta prodigando per convincere l’opinione pubblica che il Governo che guida in tandem con Luigi Di Maio sta adottando un indirizzo politico idoneo a tutelare in primo luogo gli interessi economici dei nostri concittadini.

Lo slogan elettorale “prima gli italiani”, l’hashtag twitter che lo ripropone ad ogni piè sospinto e le innumerevoli interviste nel corso delle quali il medesimo concetto non manca d’essere ribadito da parte del Ministro dell’Interno, rappresentano evidenti accorgimenti di comunicazione politica tendenti alla realizzazione di un’unica strategia. Lo sforzo appare quello di veicolare il messaggio che l’Esecutivo sta agendo senza mai perdere di vista l'interesse nazionale, contrapponendo gli italiani agli stranieri, i cittadini agli immigrati, la spessa pubblica che deve essere destinata agli uni rispetto a quella che deve essere negata agli altri.

Dopo l’approvazione del decreto sicurezza Salvini ha cominciato con maggiore frequenza a vantarsi dell’imminente riduzione della spesa destinata all’accoglienza dei migranti (la pacchia è finita), ma ha dimenticato di spiegare come la quasi totalità di quella erogazione pubblica sia stata destinata, in realtà, a professionisti, imprese e lavoratori italiani.

Il sistema dell’accoglienza ha occupato insegnanti di lingua italiana, docenti di diritto, mediatori culturali, imprese che hanno erogato servizi di mensa e lavanderia, proprietari di case che hanno affittato immobili e molti altri cittadini le cui attività economiche sono state ritenute utili (a torto o a ragione) per l’assistenza e l’integrazione dei migranti.

Si tratta, come detto, di cittadini ed imprese italiane che hanno beneficiato della quasi totalità della spesa pubblica stanziata per quella specifica destinazione. Soggetti la maggior parte dei quali è entrata nel mondo del lavoro per la prima volta (o ha interrotto un lungo periodo di inattività) grazie alla spesa pubblica utilizzata per gli immigrati (specialmente al sud) e che adesso dovrà andare alla ricerca di una diversa occupazione.

Se l’obbiettivo fosse davvero quello di ridurre e riqualificare tutta la spesa pubblica italiana per evitare che il denaro dei contribuenti venga costantemente depredato ora per questo ora per quel sistema assistenziale, allora la mossa di Salvini sarebbe tendenzialmente meritoria, ma non potrebbe che essere la prima di una lunga sequela di tagli e riqualificazioni che dovrebbe colpire i beneficiari, tutti italiani, di soldi pubblici erogati in maniera scriteriata.

L’elenco sarebbe davvero troppo lungo e non necessita di particolare specificazione. Nessuno potrebbe negare l’esistenza di un esorbitante numero di concittadini che beneficia della spesa erogata dallo Stato e dalle altre pubbliche amministrazioni regionali e locali.

Il “Capitano” leghista, in altre parole, potrebbe sfruttare l’occasione per scrivere l’incipit di un nuovo modo di intendere i rapporti fra lo Stato e gli individui, fra le casse dell’erario e la soddisfazione della miriade di richieste che provengono dal mai tanto inopportunamente osannato “popolo”.

Se l’obiettivo fosse, invece, quello di dimostrare che gli italiani sono i soli ad essere in cima ai pensieri del Governo, allora la tattica adottata da Salvini non riuscirà mai a nascondere un fatto di tutta evidenza e cioè che per l’Esecutivo giallo - verde (come per la maggior parte di tutte le compagini ministeriali) esistono italiani di serie “A” e italiani di serie “B”. Di qua, per restare al momento attuale, coloro che sono e saranno destinatari di spesa pubblica nella quale si tradurranno le politiche sociali ed assistenziali dei grillo leghisti, di là, tutti gli altri, fra i quali anche coloro che hanno lavorato nel sistema dell’accoglienza ai migranti e che ora si vedono negati i benefici dei trasferimenti erariali che hanno alimentato le loro occupazioni.

Vantandosi d’avere fatto in modo che la pacchia finisse, Salvini, in realtà, ha potuto solo dimostrare come la democrazia sia semplicemente la prosecuzione della guerra civile con altri mezzi. L’alternanza, cioè, di vincitori e vinti che si depredano a vicenda dopo ogni competizione elettorale per mezzo di tassazione e spesa pubblica, l’una e l’altra imposta ed erogata senza seguire alcun criterio davvero liberale e rispettoso dei diritti individuali.

Ha confermato il titolare del Viminale che il potere politico (di qualsiasi colore) in Italia non può che essere arbitrario e partigiano, non può che tendere a solleticare gli irrefrenabili appetiti dei diversi "popoli" d'elettori, saziati con le risorse altrui, e che la locuzione “prima gli italiani” in realtà questa volta non significa altro che “prima quelli che votano per Salvini”.