A caccia di cose nuove

Il mondo di Coca Puma, voce di una scena musicale tutta da scoprire

Stefano Pistolini

L'album di esordio, "Panorama Olivia" è un'esperienza sorprendente: patchwork di piccole gemme pop alternate a un documentario sonoro sulla vita di una ventenne di oggi

Il fatto è che basta un ascolto casuale a riaccendere l’entusiasmo e tutto ricomincia: è il segreto della musica, sfugge a questioni anagrafiche e ad altre regolamentazioni, tocca accettarlo. Perciò se le benedette piattaforme streaming, in una sonnolenta domenica pomeriggio, vi sottopongono l’ascolto occasionale di un brano che si chiama come la piazza dove sta la Rinascente (“Porta Pia”) e la misteriosa connessione accende qualche neurone, capita che si cominci a seguire il filo e il resto viene da solo. La prima cosa che emerge è che l’autrice della deliziosa canzonetta si chiama Coca Puma, ma che non è una virago panterata del reggaeton, ma una ragazza di Roma (nord, a occhio) timida al punto da nascondersi in tutte le immagini che girano di lei sotto un cappellino da pescatore, che accentua la curiosità, sebbene sia ormai un espediente abusato – qualcosa significherà, nell’epoca dell’ultra-immagine. Il suo nome vero è Costanza Puma, “Coca” viene da pensare sia un soprannome nato in famiglia, perché nelle sue prime interviste lei stessa racconta di un’adolescenza normale, con case di campagna, nonne in circolazione, studi al conservatorio, la città magica attorno e addosso che, in particolare quando arriva la primavera, è un’esperienza che può capire solo chi ci vive.

E proprio all’imbocco della primavera Coca pubblica il suo album d’esordio, intitolato “Panorama Olivia”, perché contiene una visione piuttosto circolare della sua idea musicale e perché Olivia è il nome di una gatta sua amica. Inoltrarsi nell’ascolto è una di quelle esperienze sorprendenti che ci convincono sempre a dare una chance di attenzione a chi si affaccia nel mondo della musica: l’album è un curioso e stimolante patchwork di piccole gemme pop, che si alternano a qualcosa che somiglia a un documentario sonoro sulla vita di una ventenne di oggi, immersa nella tecnologia di consumo – smartphone, social, un mondo che emette bip, trilli, vibrazioni, segnalini d’identificazione, il tutto estremamente vivido, riconoscibile, verrebbe da dire commestibile, eppure dotato di una sua misteriosa drammaticità. Ci sono le voci degli amici nei messaggi vocali, stralci di appunti registrati negli istanti dell’emotività, rumori che restano impigliati nelle spire di chi continua a percepire i suoni e a goderseli, non solo a ossessionarsi con la dittatura delle immagini. Il tutto è immerso in una materia digitale, morbida ma sovente sospinta da un groove dinamico e dove, di tanto in tanto – ma non sempre perché alcuni brani di “Panorama Olivia” sono strumentali – si affaccia la voce di Coca Puma, sinuosa ma non tenera, liquidissima, piena di un’emozione non comune, per cui viene subito voglia di riascoltarla. Il risultato, considerando che si tratta di un esordio, è di estremo interesse ed è stimabile che l’album grondi di attenzione realizzativa, ma anche di autarchia: si capisce che dentro c’è una cura certosina, ma anche la semplicità proveniente dalla facilità di accesso ai mezzi di produzione, soprattutto allorché si conta sulle collaborazioni giuste.

Questo fai-da-te che si percepisce nelle tracce di questo album, non significa limitazione degli effetti, ma estrema libertà di rappresentazione, però trattando la misura del lungo formato come qualcosa di diverso da prima, di aggiornato e rivisitato, quindi non solo una collezione di canzoni, ma un faldone di appunti, schizzi, impressioni di materia sonora che appartengono a una vita, soprattutto se l’hanno accompagnata in questa impalpabile natura digitale da quando è venuta al mondo. Coca Puma si è fatta le ossa nei giri del nu jazz italiano, sempre più affollati e promettenti, evidentemente sintetizzando l’interesse dei giovani musicisti per una musica che contempli l’impegno e aprendo al tempo stesso ampie prospettive espressive. Adesso sta scoprendo il gusto di comporre anche colonne sonore per il cinema, prospettiva che può indicarle orizzonti tutti da scoprire. Alle sue spalle agisce un’etichetta, Dischi Sotterranei, che propone tante cose interessanti, a cominciare dai Post Nebbia, nome che ancora non emerge dai giri degli appassionati, ma che invece merita una maggiore attenzione, che non tarderà a manifestarsi. Quanto a Coca, è l’ennesima rivelazione di una scena musicale che esitiamo a chiamare indipendente, perché piuttosto ci sembra autonoma e nella quale ogni giorno ci sono facce nuove – alcune di loro si perderanno, altre troveranno la strada giusta. Dalla parte degli ascoltatori il consiglio è di approfittare dell’esistenza delle piattaforme: lasciate riposare Neil Young, Bey o i Coldplay. Andate a caccia di cose nuove. Non ci vorrà molto prima di fare qualche incontro molto piacevole.

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