attesi ritorni
Pace fatta tra Spotify e Neil Young dopo il caso Rogan. E adesso un nuovo album
Nel 2022, il grande cantautore canadese aveva lasciato per protesta la piattoforma, poiché dava spazio contenuti ultraconservatori e complottisti. Ora è arrivato il ripensamento insieme all'annuncio di un nuovo disco con i suoi Crazy Horse
Una resa onorevole, ma popolata da sentimenti plumbei. Si è conclusa la disputa tra il grande cantautore canadese Neil Young, icona generazionale e stilistica se mai ce n’è una, al cui fianco è scesa in campo la connazionale Joni Mitchell, fulgidissimo esempio di libera musicalità femminile, insieme schierati contro Spotify, il colosso planetario dello streaming. Un caso di boicottaggio col quale i due artisti, oggi entrambi ottantenni, per due anni hanno negato alla piattaforma i loro interi repertori discografici, come ritorsione per la scelta di Spotify di dare ospitalità nella sezione-podcast agli appuntamenti “The Joe Rogan Experience”, condotti dal campione della talk radio ultraconservatrice americana, in tempi di Covid propugnatore del complottismo anti-vax. “O me o lui”, aveva fatto sapere nel 2022 Young a Daniel Ek, il Ceo dell’azienda svedese. “Voglio che Spotify rimuova subito tutta la mia musica dalla sua piattaforma”, gli aveva scritto. “Potete avere Rogan o Young. Non entrambi.”
Due anni più tardi la capitolazione, provocata dal nuovo accordo pluriennale stretto da Spotify con tutte le altre piattaforme streaming, come Apple e Amazon, nonché con YouTube, per la condivisione di “The Joe Rogan Experience”, attraverso un accordo che, secondo il “Wall Street Journal”, vale 250 milioni di dollari, sostituendo il contratto di esclusiva di Spotify con Rogan sottoscritto nel 2020 per 200 milioni di dollari. Una decisione che ha depotenziato la mossa politica di Young: “Non posso abbandonare tutti i servizi attraverso i quali si ascolta la musica online, quindi ho deciso di tornare su Spotify”, ha scritto sconsolato sul proprio sito, annunciando ai fans che il servizio streaming che oggi controlla il 30 percento del mercato della musicale digitale tornava a essere autorizzato a riprodurre la sua musica, seguito a stretto giro nella sua decisione dal consenso di Joni Mitchell, la sua vecchia fiamma, amica di una vita e compagna di tante battaglie ambientaliste, e anche da quello di Nils Logren, valente chitarrista, storico collaboratore di Neil, anch’egli canadese, che due anni or sono si era unito al boicottaggio.
Secondo la testata specializzata “Billboard”, i due anni fuori da Spotify, sono costati a Young oltre 300 mila dollari in diritti non riscossi. Ma in un mondo in cui 7 persone su 10 ascoltano musica esclusivamente tramite web, insistere nell’esilio perdeva di significato, allorché tutte le piattaforme optano per un’ecumenica politica di apertura, come illustrato da Daniel Ek: “Per noi a Spotify è importante non assumere posizioni censorie, assicurandoci allo stesso tempo che ci siano delle regole e delle conseguenze per coloro che le violano”. Anche Rogan si è sentito in dovere di intervenire sulla retromarcia di Young. Durante una dei suoi ultimi podcast ha interrotto un’intervista dicendo: “A proposito: Neil Young è tornato su Spotify. Congratulazioni, Neil”, lanciando poi la sua bordata: “La sua scusa è stata che, poiché tutte le piattaforme danno spazio alla mia disinformazione, non vede perché non tornare su Spotify. Caro Neil, è bello sapere che anche tu hai un’etica. E poi lo fanno tutti di questi tempi: disinformazione, no?” ha concluso, con tono sfottente. Va detto però che Rogan, a seguito dell’offensiva di Young e soci, si è premurato di dare un tono più equilibrato ai suoi show, spiegandolo agli aficionados: “Prometto che farò del mio meglio per bilanciare i miei punti di vista più controversi. con quelli di chi la pensa diversamente, in modo che tutti si possano fare un’idea chiara”.
Anche la sorveglianza sul suo operato è cresciuta: quando la cantante India.Arie ha messo in circolazione delle clip in cui Rogan usa ripetutamente un insulto razzista, il conduttore è stato obbligato a scusarsi in pubblico e Spotify ha silenziosamente rimosso numerosi episodi controversi del programma”.
Quanto a Neil Young, ha chiuso la disputa con Spotify, ripescando un altro spunto polemico sul quale da anni si scontra con la piattaforma: la qualità acustica delle riproduzioni musicali: “Torno su Spotify, nella speranza che la qualità del suo suono migliori. Per voi, milioni di utenti Spotify, il mio catalogo è di nuovo tutto lì, fatta eccezione per la sua vera qualità sonora”. Allungando la stoccata conclusiva a Spotify: “Speriamo che Spotify passi finalmente all’alta risoluzione sonora. Forza Spotify, ce la puoi fare! Hai la musica e hai gli ascoltatori! Prova ad arrivare alla qualità che meritano!”. Insomma, analogici una volta, analogici per sempre. Questi veterani sono gli ultimi irriducibili ed è difficile non amarli. Intanto Joni Mitchell ha ricominciato a fare concerti, sia pure in sedia a rotelle. E Young ha annunciato un nuovo album con i suoi Crazy Horse. Titolo: FU##IN’ UP. Libera traduzione: che cazzo.
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