Fedez e l'arte di fare uno show delle proprie molte vite

Stefano Pistolini

Il musicista ha tirato i remi in barca, l’uomo d’affari si muove con ingegno. La beneficenza e le polemiche, fino al gran caos di Sanremo: casuale o architettato? Fotografia di un eretico pasticcione ma simpatico

Quando sarà vecchio e scriverà le sue memorie, oppure quando uscirà la seconda stagione dei Ferragnez, reality show della social-family italiana, sapremo la verità: ovvero se nella testa di Fedez si è costruito poco alla volta il disegno d’andare a Sanremo non tanto per partecipare al concorso che nel 2021 l’aveva stressato (“Chiamami per nome” in coppia con Francesca Michielin, seconda classificata), bensì per fare un’operazione più spericolata, situazionista e adeguata ai tempi: usare la celebrità, i propri accessi e le sue ribalte per sparigliare l’ordine festivaliero e diventare il Pasquino d’una serie di questioni aperte sul tavolo sociale, tutte diversamente intinte nell’inchiostro della trasgressione. Oppure se la cosa sia capitata per caso, visto che si trovava là, mentre sua moglie metteva finalmente in atto il grande trapasso (indietro) dal virtuale al televisivo, assoggettandosi al ruolo di conduttrice-spalla, con l’obiettivo di sdoganarsi presso quel pubblico che ancora non l’avesse recepita e per proporsi come figurina positiva a tutto tondo, oltre le social-vendite, in un’accurata tattica di culto della personalità, pronta a sbandierare la fama come arma di rivendicazione.

   
Il fatto è che Fedez non è così dritto, disciplinato e strategico come la consorte. Fedez è un casino, anche visto da lontano, e questo è il suo bene e il suo male. Del resto l’incontro con Chiara è per lui lo snodo del cambiamento e il biglietto per il consolidamento del suo successo. Quando le strade dei due ragazzi d’oro s’incrociano, Fedez è ancora nel pieno dei vent’anni, anche se non è più un pivello: gli esordi musicali risalgono al 2011, un elettrico giovanotto dell’hinterland che si autoproduce, ma presto Federico assaggia la tv e già nel 2014, quando non ha ancora 25 anni, è giudice a “X-Factor”, trampolino della sua popolarità trasversale. Di quel talent diventerà il veterano, l’ago della bilancia e l’interprete più discusso. Intanto la musica ha fatto un passo indietro nelle sue priorità e transita per una serie di album dimenticabili, fino al sodalizio con J-Ax, la lite, il divorzio e la recente riconciliazione (abituale liturgia di Fedez e del suo difficile rapporto con l’amicizia: ci fu un tempo nel quale Fabio Rovazzi era suo fratello, poi il crac fu violentissimo), in conclusione incanalandosi verso una bizzarra produzione di hit inutili, canzoncine che fatturano bene, ma sono solo tormentoni grondanti superfluo già dai featuring (Orietta Berti e Achille Lauro per “Mille”, Tananai e Mara Sattei per “La Dolce Vita”, twist a metà per capolavori interi di pensiero debole).

   
La sensazione è che la musica lo interessi part time e che ad attrarlo sia l’aspetto imprenditoriale e produttivo
, la macchina, e che si conceda periodici divertissment, lui stesso non completamente convinto del proprio talento. Perché intanto Fedez ha imparato bene un gioco diverso e più contemporaneo, come l’arte di fare della propria vita uno show, monetizzando tramite social.

 

Attenzione: Fedez non diventerà mai un character della compagnia-Ferragni, non imbocca la strada delle promozioni, disdegna la parte dell’influencer, si riserva un ruolo più discontinuo, da regista della propria rappresentazione, nella parte del poco incisivo capofamiglia di casa Lucia, in simbiosi coi bambini, fottendosene delle accuse di sfruttamento dell’infanzia (fa bene: sono i maligni a recepire quei filmini come recita e non come cronaca di una vita in vetrina), e per tutti noi l’appartamento nel grattacielo nuovissimo, nella Milano virtuale, diventa famigliare, ne distinguiamo gli angoli, le tinte di mezzo, i divani e la moquette, i guardaroba, il terrazzo e il tappeto di giocattoli ovunque. Chi lo segue, impara a conoscerlo: la monumentale insicurezza, la pigra disorganizzazione, la sottomissione al colonnello biondo di casa, lo sbandierato infantilismo, la periodica ricerca di lavori veri (“Celebrity Hunted”, “LOL”) che lo facciano sentire in pace con la coscienza e lo strizzacervelli.

   
Non che Federico non passi i suoi guai: meno di un anno fa, incappa in un malanno orrendo e lo affronta con mirabile decenza, diventando uomo nell’attimo del bisogno. Se la scampa, fa finta di niente, riparte presto, inatteso, per quanto non c’è da credere che una roba del genere non lasci cicatrici più profonde di quelle sul suo stomaco. S’intuisce che, ancora una volta, di Fedez ce n’è più di uno e se il musicista è rassegnato a fare il dilettante di successo, se l’uomo d’affari sa agire con discrezione, se il marito-padre è del modello immaturo-sottomesso, altri ne spuntano, intenzionati a rendere confuso il quadro.

 

Il più intercettato dai media, ovviamente, è il Fedez agent provocateur, un ex-ragazzo con una certa esperienza della strada alle spalle, che pretende sincerità, contesta le ipocrisie, denuncia le ingiustizie e invoca l’adeguamento del paese a questioni che lo stesso paese è lontanissimo dall’ammettere, disseminate in vari punti della sfera delle libertà. Lo fa in modo caotico, umorale, istintivo, indifeso. Lo fa in barba alle regole, siano quelle del concertone del Primo Maggio o del Festival di Sanremo, con l’inane idea di utilizzare i canali nazionalpopolari con la stessa disinvoltura con cui mette su Instagram un altro post. E così si ficca nei pasticci, in un reticolato di querele, interrogazioni, audizioni, versioni e smentite in cui si muove goffamente, come un adolescente che reclama diritti immaginari, assediato, circondato, ostinato nell’organizzare una difesa, poco lucido e piuttosto solo. Il tutto accade a macchia di leopardo, perché nel frattempo la sua vita multi-piano prosegue, ogni giorno ci saluta dai social, mostra, annuncia, inventa uno show con l’amicone Luis Sal, “Muschio Selvaggio”; che diventa talk of the town in uno scenario italiano a corto di idee, e pazienza se il cazzeggio è ancora una volta la cifra – a lui piace cosi, non resiste: cameratismo e pistole ad acqua, erba e videogiochi, ridere, ridere, e di colpo diventare seri, fare una cosa buona, come in un baleno mettere su un crowdfunding da 17 milioni di euro (Covid) e aggiudicarsi l’Ambrogino d’oro.

   
In questo quadro dignitoso e dissoluto, familiare e liceale, tra sberleffi, dissing (la lista dei “nemici” è interminabile e accomuna Sgarbi e Tiziano Ferro, Salvini e Ghali) si arriva al 2023 di Fedez. Ha appena concluso il rientro a “X-Factor”, dove s’è fatto notare più che altro per la supponenza e la scarsa adesione a un progetto già di suo alla canna del gas. Si tinge i capelli biondo platino, è alle prese con le riprese di “Ferragnez 2”, su Instagram ha un’aria inquieta, che annuncia guai. Arriva nei dintorni del festival di Sanremo, dove Chiara è la stella indiscussa, solleticato dal Lucignolo che gli abita dentro. Si può ipotizzare che abbia voglia d’esserci, ma che non sappia ancora come, mentre i suoi hanno fatto il capolavoro di vendere “Muschio Selvaggio da Sanremo” alla Rai. Così la sua settimana nella città dei fiori diventa a dir poco turbolenta: decide di usare l’apparizione sulla Costa Crociere come tribuna per saldare conti aperti con gli antipatizzanti (Codacons in testa) e il bello è che lo fa con una performance rap tutt’altro che malvagia, salvo che i contenuti paiono scritti apposta per stuzzicare la sotto-politica, a partire dalla famosa foto strappata del viceministro Bignami in costume da nazista. Prosegue la ricerca della visibilità la sera dei duetti, pronunciando con gli Articolo 31 un risibile “Giorgia legalizzala”, che come minimo avrà l’effetto di criminalizzare un po’ di più il farsi una canna. Infine incappa nell’horribilis noctis della Finale, quando il furbacchione Rosa Chemical, magari con la complicità di qualche ammiccamento, lo coinvolge nelle sue figurazioni osé. Fedez abbocca, non resiste a mimare davanti alla steady-cam la sodomia con Chemical, con tanto di suocera esterrefatta seduta accanto (questa è la parte davvero trasgressiva del gesto). Poi segue il cantante sul palco e si concede al bacio limonato, perché per un istante gli dev’essere sembrato spiritoso (e potrebbe esserlo). La moglie, in servizio come presentatrice, vorrebbe strozzarlo, il matrimonio scricchiola, l’Italia s’indigna, lui si guarda attorno con l’aria di dire, “l’ho fatta grossa, scusate, non me ne sono reso conto”. La nevrosi l’avviluppa, torna al posto con 2 in condotta e con la prospettiva che il grosso deve arrivare, quando tornerà a casa.

   
Poveraccio, vecchio ragazzo vanitoso e pasticcione. Fortunato, scaltro, spesso benintenzionato. Che adesso piangerà, si dispererà, s’incazzerà, si deprimerà. Che fuori fremono per dargli una lezione. Che ha voluto fare il furbo e ora deve pagarla. Che spera sia tutto un brutto sogno e domani le cose siano di nuovo in ordine. Che ora ha voglia solo di stare con Leone e Vittoria, i suoi biondini, e c’è da temere che Chiara gli porti il broncio. Potrebbe nascondersi sotto il tappeto. Aspettare che passi la bufera. O al massimo chiudersi in una stanza con un amico e un videogioco, niente Instagram. Non so a voi, ma a me l’eretico da strapazzo Fedez – nel complesso eh, molto nel complesso – sta piuttosto simpatico.