AP Photo/Antonio Calanni

L'intervista

Beatrice Rana, Chopin in masseria

Mario Leone

Le radici salentine e il suo festival tra gli ulivi. “Nascere con un talento è una fortuna e non un merito: ci vuole un lavoro infinito per darvi la giusta dignità”, racconta la giovane stella del piano

“Sono entrata a nove anni nella classe di pianoforte di Benedetto Lupo. Ne sono uscita a ventiquattro con la vita completamente cambiata”. La bambina di nove anni è Beatrice Rana, oggi giovane stella del pianoforte, artista internazionale applaudita in tutte le sale del mondo che ha appena presentato il disco monografico dedicato a Chopin. Salentina d’origine, innamorata della sua terra, residente a Roma, è in realtà da sempre una globe-trotter, come ama definirsi sui suoi profili social. Dopo i primi viaggi per partecipare a concorsi pianistici, conseguita la maturità si trasferisce in Germania: “E’ stato un momento di rottura – dice al Foglio – vedevo solo i difetti della mia terra ma dopo solo un anno sentivo la mancanza di tante cose ed è affiorato il mio essere italiana e salentina. Girare molto e vivere per lunghi periodi all’estero ti fa rendere conto di quel che sei e delle tue origini”.

 

Quelle di Bea, come la chiamano le persone più amiche, sono radicate a Copertino, in quel Salento fatto di mare e ulivi. Una famiglia di musicisti dove il pianoforte risuona per casa. L’incontro decisivo è con un maestro, Benedetto Lupo, “un vero maestro perché non mi diceva cosa fare ma faceva quello che diceva. Lupo mi ha aperto mondi musicali e mi ha aiutato a curare il mio talento”.

 

Il primo grande scoglio da superare per vivere di pianismo è proprio quello di accettare il talento che ci si ritrova addosso. Sembra facile, ma il lavoro da fare, prima che sulla tastiera, è quello su sé stessi. “Nascere con un talento è una fortuna e non un merito. Si ha tra le mani qualcosa senza meritarlo né tanto meno volerlo, ma bisogna dare dignità a questo talento. Inizia così un lavoro enorme che non finisce mai. Un percorso di conoscenza di sé che ti permette di comprendere, gestire e perfezionare, giorno per giorno questo dono”. L’adolescenza della pianista trascorre tra le ore di studio al pianoforte, i concerti, i concorsi e il liceo scientifico, la scuola più impegnativa del suo paese. Beatrice è sempre lontana dai suoi affetti ma questo non scalfisce la sua serenità perché “davanti al pianoforte sono a casa”.

 

Nel 2017 fonda il festival di musica da camera “Classiche forme” in collaborazione con la famiglia Bacile di Castiglione, che mette a disposizione un frantoio ipogeo appena ristrutturato. Una piccola sala da cento posti nel cuore della terra dove, per un weekend, l’artista invita a suonare i suoi amici musicisti. Nel giro di pochi anni “Classiche forme” è diventato un punto di riferimento nell’estate musicale italiana. Il Festival si svolge per una settimana, coinvolgendo molti artisti e rafforzando lo stretto legame con la terra che lo ospita. L’edizione che si inaugurerà domenica 18 luglio a Lecce dura una settimana e prevede quattro concerti serali, dei concerti pomeridiani con giovani artisti e poi una novità: i concerti in campo aperto.

 

“Sono spettacoli ancora più informali dove si farà musica in un campo d’ulivo, in una masseria, immersi nel Salento autentico. Gli artisti suoneranno in jeans e il programma sarà a sorpresa. Voglio collegare ancora di più il festival al territorio e coinvolgere tanti giovani”. Proprio i giovani sono un punto su cui investire e Bea forse è l’unica ad avere le idee chiare. “Il mondo sta cambiando e ci chiede di cambiare. Il problema di un giovane, ma penso di chiunque, è che non può apprezzare ciò che non capisce. Ai giovani non si fanno vedere le cose. Nel Festival abbiamo istituito il lavoro volontario a cui aderiscono tanti ragazzi che hanno la possibilità di vivere quello che succede nel back-stage di un concerto”. E il suo futuro? “Al pianoforte, su un palco, in giro per il mondo. Non riesco a immaginarmi in altra maniera”.

 

Mario Leone
*La versione integrale dell’intervista a Beatrice Rana potete leggerla su “La classe non è acqua”, la newsletter del Foglio dedicata alla scuola

 

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