Dan Sultan. Foto di Stuart Sevastos/Wikimedia

La storia di Dan Sultan, in Australia, ubriaco e reietto

Simonetta Sciandivasci

Dimenticate sesso, droga e rock’n roll. Il nuovo mondo vuole solo cantanti sobri

Roma. Cronache dalla scusocrazia mondiale diretta. “Il mio comportamento è stato ingiustificabile e irrispettoso, chiedo scusa ai miei fan e allo staff. Sto facendo il punto della mia situazione personale e sto cercando un aiuto professionale”. L’ha scritto su Facebook Dan Sultan, un musicista australiano niente di che, però molto simpatico e un po’ tamarro. Il suo tour si chiama Killer Solo e sulla locandina c’è lui, tondo di quella rotondità salubre da salumaio, circondato dalla fiamme, praticamente un Canavacciuolo. Agli australiani e alle australiane piace. Cosa può fare, sul palco di un concerto rock (ci si sente in barella pure solo a scriverlo), un millennial démodé del 1983, per risultare, nella tarda primavera del 2018, irrispettoso al punto da annullare tutto il suo tour (due mesi di lavoro), scusarsi pubblicamente, decidere di farsi curare? Ha spolpato un piccione vivo? Ha chiamato cicciona una fan? Ha molestato il fonico (foniche non ce ne sono, pure là #tuttimaschi)? No. Neanche uno straccio di battuta razzista ha detto. Era ubriaco, forse qualcosa di più, e s’è dimenticato il testo di una canzone di Britney Spears, Baby One More Time, di cui stava eseguendo una cover niente di che. L’ha biascicata, con gran divertimento del pubblico, che invece l’ha cantata a squarciagola (nessuno conosce Britney Spears meglio di quelli che vanno ai concerti rock), ha barcollato con fallimentare contegno come Benicio Del Toro in Paura e delirio a Las Vegas, si è fermato e ci ha rinunciato. Fine del concerto. All’ostensione di scuse il giorno dopo hanno risposto in centinaia: siamo tutti umani, si può sbagliare, prendi il toro per le corna, sei un bravo ragazzo, ce la farai, è coraggioso chiedere aiuto, prenditi il tuo tempo, ti aspetteremo. Sembrava una canzone di Cat Stevens. Neanche un hater a firmare un “fai schifo” o un “vergognati”: il commento più ricorrente è: “Hai visto quanta gente ti vuole bene?”. Siamo tutti un po’ malati, ma siamo anche un po’ dottori e abbiamo finito con l’ospedalizzare e il medicalizzare (scusate le parolacce) anche rock e rockstar e questo, al netto dell’Australia, che fa occidente a sé, è una sciagura almeno per due motivi: la censura dell’eccesso, l’ossessione dell’esemplarità.

   

Poche ore dopo che Dan Sultan s’era dato dell’alcolizzato drogato anonimo, il suo staff ha comunicato l’annullamento del tour di quest’anno “perché salute e benessere di Dan sono la nostra priorità”. Falso, naturalmente: la priorità è allestire uno spettacolo di redenzione. Il primo passo è levarci dagli occhi un uomo ubriaco; il secondo sarà restituircelo disintossicato ed ecologista. Presentabile. Signori, ma quando abbiamo firmato per i musicisti presentabili? Chieda agli australiani, direte forse voi, dimentichi della parabola di Gianluca Grignani – che è pure bello e ha scritto un verso che tutti abbiamo detto almeno ventinove volte nella vita e cioè “ma quali buoni amici maledetti, io un amico lo perdono, mentre a te ti amo” – il quale, siccome sul palco da sobrio non ci è salito praticamente mai e una volta tanto erano stati gli indignati che era dovuto intervenire anche Gigi d’Alessio per dire “Gianluca è un grande artista, era solo un po’ euforico”, si è scusato diverse decine di volte e, quando non è stato sufficiente, ha squadernato la cronologia dei suoi attacchi di panico per ottenere la nostra benedizione. E allora sapete che c’è: è anche un po’ colpa nostra se le rockstar (ammesso che ne esistano ancora) si scusano, si correggono, si imbarazzano se non hanno un fisico bestiale e una mente sana in un corpo sano e non hanno più come obiettivo “devastarmi e provare la mia musica”. Lo scriveva nel 1976 uno che era contrario alle droghe, Julian Cope, quando a Liverpool si drogavano anche i tombini. A Sydney, nel 2018, ti multano se ti accendi una sigaretta dalla parte sbagliata della strada. Giustamente, a noi che le vogliamo rette e corrette, le rockstar hanno finito col rifilare scuse e rehab piuttosto che dischi e versi da citare.

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