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Come fare bella figura senza necessariamente sapere quel che si dice

Cibo mania

Andrea Ballarini

Una volta era un’attività che si faceva due o tre volte al giorno, senza metterla giù troppo dura. Da qualche anno in qua sembra essere diventata l’attività principale a cui si debbano dedicare l’uomo e la donna civilizzati. E allora perché non sparare sentenze, come se la sapeste lunga?

• Stigmatizzare l’eccessiva importanza che ha assunto lo chef nei media; lamentare l’inopinata estinzione del cuoco. Fighissimo il primo, sfigatissimo il secondo. Deplorare.

 

• Ricordare con gran divertimento “Il privilegio di essere un guru”, un libro di Lorenzo Licalzi, in cui il protagonista per fare colpo su una vegana le serve del cotechino con lenticchie convincendola che si tratta di un raffinatissimo prodotto biologico a base di seitan.

 

• Dividersi manicheamente sulla figura di Oscar Farinetti: secondo alcuni un genio epocale, secondo altri Belzebù. In ogni caso non spiegare perché.

 

• Davanti alla scelta tra il sale rosa dell’Himalaya, il sale nero di Cipro, quello grigio bretone e quello rosso delle Hawaii fare partire un irresistibile pippone sull’inutile livello di complicazione della contemporaneità. Se il contesto lo consente, citare una famosa barzelletta delle elementari su un cliente esasperato che si presenta da un negoziante particolarmente pignolo con un water e calandosi i pantaloni declama soave: “Questo è il cesso, questo è il culo, me la vuole dare la carta igienica?”

 

• Dire con accento meneghino che a Roma ci sono solo tre attività possibili: il politico, l’attore o il ristoratore; ora, stante la crisi della politica e del cinema, non rimane che buttarsi sul bucatino. Rammaricarsene.

 

• Deprecare l’apertura di centri commerciali interamente dedicati al cibo di dimensioni sempre più spropositate. Avere un cugino che sta vagando da settimane nel Fico di Bologna in preda a una sorta di frenesia alimentare: la famiglia ne ha denunciato la scomparsa.

 

• I membri della famiglia Agnelli, come tutti i reali, peraltro, non venivano mai fotografati mentre mangiavano. Concluderne che avranno avuto le loro buone ragioni, mica saranno tutti scemi, no?

 

• Avere avuto una fidanzata che una volta, tra un amplesso e l’altro, ha cucinato degli spaghetti ma prima di buttarli nell’acqua li ha spezzati a metà “perché così si cuociono prima, e poi quando sono giù è tutto uguale”. Ai tempi averla lasciata subito dopo, ora, a distanza di trent’anni, capirne le ragioni.

 

• Avere scritto un libro di satira di costume dal titolo “Chi massaggia il manzo di Kobe?” e aver realizzato con amarezza che la maggior parte dei librai lo aveva messo nello scaffale della gastronomia. Dolersene.

 

• Scagliarsi contro la barbara pratica del brunch. Considerare che da bambini si sarebbero sputati in faccia alla propria madre i broccoli, se avesse osato servirli la domenica mattina, e ora, invece, si è disposti anche a pagare per accompagnarli a della spremuta di arancia ossidata. Trarne cupi presagi sulla decadenza dell’Occidente.

 

• Chiarire una volta per sempre che le trattorie dove mangiano i camionisti di solito fanno cagare. Se necessario interrompere delle amicizie decennali per tenere il punto.

• Essere fortemente turbati dalla’eventualità che i negozi restino chiusi la domenica. Vedere profilarsi di nuovo lo spettro del surgelato coatto.

 

• Ogni volta che al ristorante si ordina qualche piatto particolarmente indigesto levare un pensiero al povero Ludwig Feuerbach che ha fatto una fatica bestiale per occupare un’intera schermata di Wikipedia con l’elenco delle sue opere, e di cui tutti ricordano solo: “L’uomo è ciò che mangia”. Solidarizzare.

 

• Prima o poi arriva nella vita di ogni donna un momento in cui l’unica cosa che può essere d’aiuto è una coppa di champagne. (Bette Davis)

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