La verità sul capitalismo

Federico Morganti
John Plender
Bollati Boringhieri, 270 pp., 23 euro

    Il capitalismo non ha mai goduto di una stampa particolarmente favorevole. Le critiche a quello che è avvertito come un sistema iniquo e precario sono però diventate particolarmente severe in seguito alla grande recessione del 2008. L’autore di questo libro, editorialista del Financial Times, non può essere accusato di simpatie anticapitaliste. Eppure, ai critici del capitalismo concede non poco. Il volume è una lunga passeggiata tra le realtà che definiscono quel sistema – dall’imprenditoria alle banche, dal commercio alla speculazione finanziaria – attraverso le parole non soltanto degli addetti ai lavori ma anche di filosofi, poeti, artisti. Cercare una moralità nel capitalismo parrà a molti come cercare acqua nel deserto, con buona pace dei Montesquieu e degli Smith che hanno visto nel mercato una forza in grado di ispirare tolleranza e avvicinare i popoli. Riducendo all’osso la tesi del volume, secondo Plender se è vero che il capitalismo ha una sua etica, negli ultimi tempi essa sembra essersi persa per strada. Una considerazione che l’autore rivolge soprattutto al mercato dei capitali, di cui pure riconosce l’utilità. Nel momento in cui il capitalismo ha iniziato a dipendere meno dalla creatività degli imprenditori e più dalla finanza, ha finito per affidarsi a processi umorali e per loro natura instabili. Ogni innovazione finanziaria – spiega Plender rifacendosi a Galbraith – comporta infatti la produzione di debito, creato allo scopo di sostenere attività che si ritengono produttive. Una crisi si ha quando il debito è sproporzionato rispetto alle possibilità di pagamento esistenti. Può ad esempio capitare che gli attori scelgano in massa certi prodotti per la semplice ragione che molti altri li stanno acquistando, un comportamento gregario che è però assai rischioso, se quel prodotto finisce per rivelarsi poco redditizio. Che nel sistema economico odierno sussistano questi rischi è qualcosa di cui si deve prendere atto, ma che la colpa sia da attribuire al capitalismo tout court è una tesi da prendere con le molle. Rispetto alla stessa crisi dei subprime, l’autore denuncia il ruolo della Fed, che ha generato aspettative irrazionali manipolando i tassi d’interesse; eppure persiste nel riferirsi a quella e altre crisi come connaturate al sistema-mercato. Quello di Plender è un libro piacevole e istruttivo, che avrebbe tuttavia beneficiato di una più precisa identificazione delle responsabilità legate agli intrecci, così delicati e complessi, tra il mercato e la politica. Ma considerando ciò che si legge in giro sull’argomento, si tratta di un bel passo avanti.

     

    LA VERITA' SUL CAPITALISMO. DENARO, MORALE E MERCATO
    John Plender
    Bollati Boringhieri, 270 pp., 23 euro