Animali da palcoscenico

Mario Leone
Johnny Volpe
Zecchini Editore, 180 pp., 17 euro

    Nell’immaginare cosa ci sia dietro un concerto a volte si scade nell’ovvio. Anni di studio, soldi investiti, tante prove e viaggi. Johnny Volpe, invece, fantasioso amministrativo che lavora presso importanti istituzioni musicali, è una di quelle figure che vive il mondo della musica, e in particolare dell’orchestra, dall’interno. Non sale sul palco, ma di ogni orchestrale e di ogni concerto vede e conosce tutto. Una “talpa nella buca” che racconta quello che è segreto al pubblico in sala: è vita quotidiana per quegli uomini di nero vestiti che ogni sera abbracciano il loro strumento. Un concerto è “la conclusione di un lavoro che richiede una preparazione minuziosa e accurata. (…) Un momento magico, breve e irripetibile nella sua unicità”. Ogni sera si abbassano le luci, si apre il sipario. Applausi, a volte fischi. Qualche bis. Poi le luci calano, quel telo si chiude, la gente va a casa, sino alla sera successiva. E così accade in ogni teatro del mondo, a ogni latitudine. Un rito i cui “sacerdoti” sembrano essere uomini ineffabili.
    Per non dare nell’occhio, l’autore mescola esperienze e racconta di più orchestre pur dichiarando di parlare di una sola. L’argomento è allegramente serio, al limite dell’assurdo, considerati taluni degli aneddoti, quasi paradossali. Orchestrali che a pochi minuti dall’entrata in scena sono incollati ai televisori (peraltro espressamente richiesti) per seguire gli incontri di Champions League. Strumentisti radio-muniti, durante le prove, che aggiornano i colleghi sui risultati delle partite.
    Il catalogo è vario. Scranni cigolanti che disturbano la prova della Sinfonia Fantastica di Hector Berlioz, ispettori d’orchestra che sorseggiano beatamente il caffè mentre direttore e orchestrali sono al limite di una rissa. Sedie instabili sul palco e musicisti quasi a gambe all’aria, spartiti mancanti sui leggii con l’orchestra ormai tutta disposta sul palco. Proprio le partiture sono oggetto di storie impensabili. Volpe, che nella sua esperienza ha ricoperto anche il ruolo di archivista, racconta come ritirando le parti dopo le prove o i concerti è possibile trovare di tutto: foto di donne in abiti succinti (fidanzate e non), carte d’identità e visti. Foto di vacanze al mare o in montagna. Molto spesso non si ritrovano le partiture stesse che orchestrali e coristi portano via con sé. Altre volte si ritrovano con annotazioni sconcertanti. Può anche capitare che a pochi istanti dall’attacco del direttore, a una prima parte, manchi lo spartito. Il volume è sicuramente simpatico e godibile. A tratti bizzarro ma sempre verosimile. Chi ha mai avuto a che fare con orchestre o orchestrali sa bene che le storie narrate possono accadere e sa quanto la vita in orchestra o in coro a tratti rasenti la vita in brigata o da gita scolastica.
    Sicuramente non è possibile definire il testo un romanzo (come riportato in quarta di copertina) perché manca di un respiro ampio. Un testo che a volte è ripetitivo anche nell’ironia e poco “scattante” rispetto all’ilarità dell’argomento. Lo stesso tentativo di celarsi dietro a uno pseudonimo e non tratteggiare più chiaramente luoghi e protagonisti dei fatti narrati, alla lunga, rischia di rendere il testo grottesco eliminando una verità che è più forte e affascinante di qualsiasi fatto anche di colore. Lo ricorda il maestro Herbert von Karajan quando dice: “Un’orchestra, se sta funzionando nel migliore dei modi, è un’unità creativa. Un gruppo di uomini e donne arrivano al punto di ri-creare insieme qualcosa che è bello”.


    ANIMALI DA PALCOSCENICO
    Johnny Volpe
    Zecchini Editore, 180 pp., 17 euro