Gli dei della rivoluzione

Roberto Persico
Christopher Dawson
D’Ettoris, 256 pp.,  21,90 euro

    In tutta la sua attività di storico, Christopher Dawson si adoperò sempre per mostrare un’idea semplice: in qualunque epoca, l’elemento decisivo è quello religioso. A tenere insieme tutti gli aspetti di una civiltà, infatti, è sempre una concezione del mondo, una spiegazione ultima della realtà, un dio insomma. E questa ultima opera, uscita postuma nel 1972 e ora tradotta per la prima volta in italiano, non fa eccezione, mostrando come anche l’attacco al cristianesimo portato dagli uomini che fecero la Rivoluzione francese altro non sia stato che il tentativo di sostituire il vecchio Dio con nuovi dèi.
    Religioso, in primo luogo, è l’antefatto immediato della Révolution, la ribellione delle colonie americane, fondata, in ultima analisi, sul “Church covenant”, “un patto, un accordo, o un’alleanza visibile, mediante la quale – così recita una dichiarazione dei ministri del culto del Massachusetts – [i membri] si danno al Signore per osservare insieme, nella stessa società, i precetti di Cristo”; per cui “la chiesa, la scuola e l’assemblea cittadina erano tutti organi di una sola comunità spirituale”. E profondamente religioso è il tono di “Common sense” di Thomas Paine, il libro che più di ogni altro contribuì a costruire il mito della Rivoluzione americana come modello di palingenesi universale: “O voi che amate l’umanità! Voi che osate opporvi non solo alla tirannide, ma anche al tiranno, sorgete! Abbiamo in nostro potere di ricominciare il mondo”.
    Così, fin dall’inizio delle agitazioni in Francia è chiaro che si tratta di affermare una nuova religione: “Come fu fondata la religione cristiana? – si chiede un autore giacobino – Mediante le missioni degli apostoli del Vangelo. Come possiamo fondare saldamente la Costituzione? Mediante le missioni degli apostoli della libertà e dell’uguaglianza”. E l’afflato mistico cresce col crescere della tensione, fino ad arrivare alle dichiarazioni esplicite di Robespierre e del suo braccio destro Saint-Just: “Richiamare gli uomini al culto per l’Essere supremo è portare un colpo mortale proprio al fanatismo. Non è Lui che fin dall’inizio del tempo ha decretato la Repubblica e ha stabilito per tutte le epoche e per tutti i popoli libertà, onestà e giustizia? Lui ha creato l’universo per manifestare la sua potenza; ha creato gli uomini perché si aiutino gli uni gli altri, si amino gli uni gli altri e raggiungano la felicità attraverso la virtù”. “La felicità è un’idea nuova in Europa”, gli fa eco Saint-Just, e il Terrore è “il fuoco di libertà che deve purificarci come nella fornace si epura la scoria dal metallo fuso”, concludendo con toni da ultimo profeta: “Non ho visto nell’universo che la verità, e l’ho detta”. Sconfitta la Rivoluzione, non viene però meno l’impeto che l’ha sostenuta, il sogno di una nuova creazione continua a vivere: “Tutti i primi romantici furono ispirati dalla stessa consapevolezza di un’imminente rivoluzione spirituale”. E si trasmette lungo tutto il secolo, attraverso fenomeni come la Religione dell’Umanità di Comte o il nazionalismo religioso di Mazzini, per alimentare infine gli incubi dei nazionalismi o dello scientismo del Novecento.
    Il libro di Dawson, naturalmente, è molto più articolato di come è stato presentato qui, dato che spazia dalla Riforma e dalla nascita del liberalismo, attraverso una rilettura sistematica della Rivoluzione francese che mostra come i conflitti religiosi ebbero un ruolo chiave nei suoi snodi principali, fino agli sviluppi della moderna religione della libertà nel secolo passato. Puntualmente mostrando come “la Dea della Libertà era una divinità gelosa che non poteva essere placata che con il tradizionale rito del sacrificio umano”.

     

    GLI DEI DELLA RIVOLUZIONE
    Christopher Dawson
    D’Ettoris, 256 pp.,  21,90 euro