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lettere al direttore

Il Falcone che andrebbe citato sulla separazione delle carriere

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - “Una volta che una bugia è pronunciata e non viene smentita, allora, con il passare del tempo, diventa verità”. Più di un secolo e mezzo dopo, l’intuizione attribuita a Schopenhauer resta attuale. Cambiano i mezzi, cambia la velocità, ma i meccanismi profondi della comunicazione restano: oggi le informazioni sono disintermediate e il verosimile sfida il vero. Il caso di Nicola Gratteri, emerso anche nell’intervista al Foglio, lo mostra bene: perché un procuratore esperto rilancia un contenuto falso su Giovanni Falcone? Perché gli arriva da una fonte percepita come autorevole e perché è verosimile. La fonte autorevole non è più solo un medium, ma la persona che parla. Così il verosimile prende il posto del vero: non si tratta più di stabilire la verità oggettiva, ma ciò che viene elevato a plausibile, ciò che conferma convinzioni pregresse. Falcone, osteggiato in vita e strumentalizzato dopo la morte, ne è un esempio: accade oggi anche nel dibattito sul referendum sulla giustizia, nel nome del verosimile. In un’epoca polarizzata, una notizia falsa con presupposti veri corre senza ostacoli. La “bolla di filtraggio” amplifica: gli utenti vedono solo ciò che conferma ciò che pensano, per effetto della personalizzazione algoritmica. I social chiudono il cerchio. Per chi fa informazione il compito è più difficile e più necessario: non basta smentire le bugie, bisogna rendere la verità – complessa e scomoda – più verosimile della bugia rassicurante. E’ un lavoro di resistenza intellettuale che restituisce centralità al fatto, sottraendolo alla narrazione emotiva. Resta una domanda: saranno i giovani a raccogliere questa eredità nell’era dell’AI, che produrrà sempre più contenuti verosimili, anche multimediali? Solo così la menzogna potrà essere sradicata prima di diventare falsa legittimità collettiva. Attraverso – e oltre – il verosimile.

Luca Ferlaino, presidente di SocialCom Italia

 

A forza di trasformare in reale ciò che è virale ci ritroviamo in un mondo in cui prodotti della viralità usano contenuti che considerano verosimili solo perché virali anche se non reali. Suggeriamo, per il futuro, se proprio si vuole parlare di Giovanni Falcone, sul tema della separazione delle carriere, quanto disse a Mario Pirani il 3 ottobre del 1991: “Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il pm sotto il controllo dell’Esecutivo”. Passo e chiudo.

 

 

Al direttore - Questa settimana il dibattito alla Camera si è infiammato sulla legge che introduce il consenso dei genitori per le attività di educazione affettiva e sessuale nelle scuole. Una misura sbagliata, che rivela il timore della maggioranza che ragazze e ragazzi possano confrontarsi con modelli diversi dai propri. Ma vietare il confronto non elimina i temi: li spinge altrove, soprattutto online, dove disinformazione e contenuti inappropriati proliferano. E non parlo solo della pornografia, ma anche delle nuove interazioni uomo-macchina, come le relazioni sentimentali tra adolescenti e chatbot, che in situazioni di fragilità possono avere conseguenze psicologiche rilevanti. Negli Stati Uniti ci sono già cause legali per suicidi, anche di minori, legati all’uso improprio di chatbot; in Georgia un diciassettenne si è tolto la vita dopo settimane di conversazioni con un assistente virtuale. La situazione è tale che alcuni stati, come la California, valutano leggi ad hoc, mentre aziende come Character.ai hanno vietato l’uso dei chatbot ai minorenni. In Europa esistono strumenti come il Digital Services Act e l’AI Act, che prevedono tutele specifiche per i minori e contrasto ai contenuti illegali, compresa l’istigazione al suicidio. E ricordiamo che i minori di 14 anni non possono autorizzare l’uso dei propri dati e quindi non dovrebbero accedere a social e chatbot. Ma serve una riflessione sugli impatti emotivi che queste tecnologie hanno sullo sviluppo affettivo. Per questo, insieme al senatore Lombardo, ho proposto emendamenti alla legge sulla tutela dei minori nella dimensione digitale, ora al Senato, per limitare la memoria dei chatbot che interagiscono con i minori. Conservare le conversazioni solo per pochi giorni riduce il rischio di creare attaccamento “simulato”, l’illusione di un rapporto reale. L’obiettivo non è proibire, ma proteggere: permettere un uso consapevole e sicuro della tecnologia senza privare i ragazzi delle sue opportunità educative. Nessuna misura è infallibile, ma trovare un equilibrio tra libertà e protezione è il modo migliore per accompagnare i nostri figli nel mondo digitale.

Giulia Pastorella, parlamentare di Azione