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Il paragurismo dell'opposizione che imbroglia sui numeri del voto
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Ma in Italia non eravamo 60 milioni di allenatori della Nazionale?
Giuseppe De Filippi
Temo siano tutti momentaneamente impegnati a tenere lezioni all’università su come essere finalisti di uno Slam alle prese con tre match point.
Al direttore - Aveva ragione Pietro Nenni: piazze piene urne vuote.
Giuliano Cazzola
Il punto poi è, di fronte alle urne non vuote ma non così piene come ci si aspettava, quantomeno di non imbrogliare con i numeri. Un dettaglio sfizioso. Avete fatto caso che il centrosinistra, in queste ore, sta scommettendo tutto, per non dover ammettere di aver perso la sfida dei referendum, su numeri spericolati? Il primo numero spericolato è quello usato da Giuseppe Conte, che di fatto ha arruolato tutti coloro che hanno ritirato la scheda ai referendum, anche le schede bianche, anche quelle nulle, anche i voti contrari, tra coloro che hanno voluto mandare un messaggio al governo (“non si possono ignorare 15 milioni di elettori”). Il secondo numero spericolato è quello usato dal Pd per dimostrare che dalle urne è arrivata una richiesta di sfratto al governo. Il numero usato, qui, è 13 milioni, che è la somma dei Sì raccolti nei quesiti più votati tra Italia ed estero. Quel numero, dicono dal Pd, dimostra che il centrodestra è in minoranza, perché nel 2022 gli elettori che votarono per il centrodestra furono di meno. Teoricamente, il ragionamento è corretto: alle politiche del 2022 il centrodestra raccolse 12 milioni e 300 mila voti. Quello che gli oppositori del governo non dicono è che già nel 2022 le forze non di centrodestra, quelle che teoricamente potrebbero far parte delle opposizioni di oggi, presero più voti del centrodestra. Per l’esattezza, i voti del centrosinistra furono 13 milioni e 423 mila. Piazze piene forse sì, urne piene non troppo, ma paragurismo degli sconfitti quello sì. Scendere da Marte e tornare alla realtà.
Al direttore - Se l’occidente vuole davvero contribuire alla pace, deve costruire ponti, non nuovi muri. E deve farlo anche dentro se stesso, rifiutando ogni logica di epurazione e ogni deriva ideologica che, in nome di una causa, ne calpesta un’altra. A Firenze è in corso un caso che inquieta profondamente. Marco Carrai, presidente della Fondazione Meyer e console onorario di Israele, è finito nel mirino di una campagna che ne chiede le dimissioni. Non per un atto compiuto, ma per ciò che rappresenta: un legame istituzionale con Israele. Per alcuni, questo basta a renderlo incompatibile con un ruolo pubblico. E’ un’idea pericolosa, rozza, discriminatoria. A questa logica hanno risposto, in appena 24 ore, cento cittadini – tra cui intellettuali, amministratori, studiosi, giornalisti – firmando un appello contro quella che definiscono una “voglia di epurazione”, alimentata da un clima polarizzato e ideologico, dove essere “amico degli ebrei, o ebreo” sembra rendere inaccettabile l’impegno nella cosa pubblica. Non è questa la strada della pace. Non lo è trasformare ogni differenza in sospetto, ogni legame con Israele in colpa, ogni voce non allineata in un nemico. L’antisemitismo, anche quando si traveste da antisionismo, resta un veleno. E questa caccia simbolica contro un singolo rappresenta qualcosa di più ampio: un deterioramento del confronto democratico. Chi difende Carrai difende un principio, non una bandiera. Difende l’idea che le istituzioni sanitarie, i luoghi della cura, debbano rimanere fuori dalla gabbia degli schieramenti. E difende la possibilità che, anche in un’epoca attraversata dal dolore e dalla guerra, si possa ancora costruire uno spazio comune di convivenza. Per questo, l’appello è rivolto al governo della regione Toscana: rigetti senza ambiguità la mozione presentata dal M5s. Perché nessuna pace può nascere dall’odio e nessuna democrazia può sopravvivere se accetta la logica dell’epurazione. Non avrei mai immaginato di dover scrivere una lettera del genere, ma questo è il tempo che ci è dato da vivere. E non si può rimanere in silenzio.
Anna Paola Concia