le lettere

Per avere più Musk in Italia serve meno salvinismo. Dove si firma?

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Ho letto che Matteo Salvini sembra intenzionato a convincere Elon Musk a investire in Italia. Dovesse riuscirci potremmo dire che il Salvini ministro delle Infrastrutture batte il Salvini leader della Lega dieci a zero? 
Andrea Paroni

 

Potremmo dirlo, senz’altro. I fatti sono questi. Ieri Salvini ha scritto: “Avere uno come Musk che investe in Italia è importante. Da ministro delle Infrastrutture mi farebbe molto comodo avere Starlink nelle aree attualmente disconnesse”. Musk ha risposto: “Grazie”. Sarebbe ovviamente positivo se Salvini riuscisse, insieme con Meloni, a convincere Musk a investire in Italia. Ma per attrarre gli investimenti nel nostro paese Salvini dovrebbe smettere di fare Salvini, dovrebbe smettere di alimentare il luddismo tecnologico, dovrebbe smettere di considerare ogni forma di innovazione come una minaccia per lo status quo e dovrebbe mettere da parte l’approccio scelto finora come ministro sul tema dell’innovazione. Per dirne una: non si può sperare che Musk investa in Italia e poi introdurre contemporaneamente paletti senza capo né coda all’attività degli Ncc solo per non indispettire i tassisti alle europee. Per avere più Musk in Italia occorre meno salvinismo. Scambio accettabile: dove si firma?


 

Al direttore - Caro Cerasa. Che la riforma proposta dalla maggioranza sia un pericolo non vuol dir nulla. Che il Pd abbia le idee confuse, lo capiscono anche i ragazzini. Ma quello che lei sostiene mi sembra poco condivisibile, su un certo numero di punti, perché va un po’ in fretta. Come si può giudicare una riforma che propone l’elezione diretta di un presidente del Consiglio se non si sa con quale legge elettorale lo si elegge? Lei se lo compra un bell’appartamento al primo piano se non c’è il pianoterra? Non lo faccia, senta a me. E con che rapporto con le due Camere da eleggere al tempo stesso? Poi che vuol dire premierato? In Germania c’è un premierato, ma nessuno viene eletto a scadenza fissa come si fa per le insalate e i preservativi. Nei sistemi parlamentari il primo ministro, anche il più potente del mondo, quello inglese, può essere mandato a casa dal Parlamento – chieda a Tony Blair visto che non può chiedere a Margaret Thatcher. Da quello che si capisce dalla proposta ancora vaga della maggioranza è che invece da noi sarebbe il premier che sfiducia il Parlamento se questo si oppone a lui e manda a casa i parlamentari. Invenzione che a me non piace. Perché elimina il parlamentarismo. Mette l’uno di fronte all’altro il premier e il “popolo” – le istituzioni parlamentari non contano. Lei ha fatto l’elogio in passato del governo Draghi che è nato grazie al presidente della Repubblica perché i politici non riuscivano a governare il paese. Grazie alla riforma in corso ed alla “stabilità” sono diventati saggi e competenti? Good luck e popcorn.
Pasquale Pasquino


   

Al direttore - Caro Cerasa, il suo lungo reportage sul cantiere della nuova stazione metropolitana di Piazza Venezia ha colpito ovviamente chi ama questa magnifica e terribile città. La voglio seguire nel ragionamento e proporre una proposta più ardita, facciamo entrare romane e romani a toccare con mano questo luna park delle opportunità, portiamoli a entrare nei cantieri della grande trasformazione, dal centro alla periferia. Non un esercizio di voyeurismo da “umarell”, ma un modo per promuovere un racconto della città a misura di popolo e non solo di grandi protagonisti delle costruzioni o dei fondi di investimento. Roma sta cambiando, è evidente, e la sfida difficilissima di portare a casa ogni progetto è determinante ma dobbiamo darle un’anima per tenere insieme popolo e visione. Di progetti, di “cantieri narranti” ce ne sono diversi: il racconto che si sta facendo sulla metro C, il lavoro su questi temi dell’assessorato all’Urbanistica, quello del ministero della Cultura, gli esperimenti positivi sull’Appia antica e ancora l’impegno di associazioni come Italia nostra o il Festival dell’Architettura dell’Ordine degli Architetti e sono convinto che potrebbe essere un’occasione anche per i sindacati per mettere sotto la lente di ingrandimento tutte le azioni necessarie per la sicurezza nei posti di lavoro. Dovremmo raccogliere la sfida e farne un grande racconto popolare. Non solo tecnici, amministratori o addetti ai lavori, ma i cittadini normali, che si impegnano nello slalom quotidiano che una stagione come questa comporta. Anima ma non solo, anche l’opportunità di ripensare dei luoghi dopo la grande trasformazione: conclusi i lavori guardare a quale “progetto di comunità” regaleremo alla città. Per chi sarà Piazza Venezia, concluso il cantiere? Un grande luna park per i turisti o magari un grande spazio pedonale per i romani, grandi e piccoli, che possano godere di una piazza cosmopolita? E ancora chi attraverserà la Nuova Passeggiata Archeologica? Quale sarà il modello di sviluppo della città? Una città accogliente per tutti e tutte o solo per chi potrà permettersela. Una città accessibile e quanto. Visite guidate allora per stimolare la curiosità, accompagnare la trasformazione e aprire un dibattito sul dopodomani.

 
Amedeo Ciaccheri, presidente VIII municipio, Roma
 

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