Foto Epa, via Ansa

lettere al direttore

Il pacifismo demagogico di una missione Ue caricata a salve

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa 

Al direttore - E poi dicevano il teatrino della politica.
Giuseppe De Filippi

     


 

Al direttore - L’Italia parteciperà alla missione navale europea nel Mar Rosso, ma non effettuerà azioni militari. Nelle regole di ingaggio alla Marina non vi saranno neppure le indicazioni di Badoglio nel proclama dell’8 settembre 1943: le forze militari italiane “reagiranno a eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”. Bisognerebbe richiamare in servizio Massimo D’Alema, il quale, forte dell’esperienza compiuta in Serbia, sarebbe all’altezza della situazione.
Giuliano Cazzola

Una missione che preveda di schierare navi militari che proteggano il traffico mercantile e che mostrino la bandiera europea al fianco e non sotto quella americana è un passo in avanti. Ma fino a che i paesi europei non capiranno che la forza di un continente si misura anche con la forza del suo esercito e con la capacità dei suoi sistemi di difesa di sapere difendere anche attaccando, l’Europa resterà ostaggio dei suoi romantici ma pericolosi vorrei ma non posso. E sarà costretta a chiedere a qualcun altro di difendere semplicemente i suoi interessi. Non un grande affare il pacifismo in versione demagogica.

   


  

Al direttore - Ho visto in Germania migliaia di elettori in piazza contro l’estremismo dell’AfD. Mi sarebbe piaciuto vedere i leader della destra, in Italia, rilanciare quelle immagini. Non è successo, purtroppo.
Andrea Marini

A proposito di AfD. Il leader del principale alleato di Salvini in Europa, cioè proprio l’AfD, ieri in un’intervista al Financial Times ha detto che se il suo partito dovesse arrivare al governo, in Germania, proporrà un referendum in stile Brexit per uscire dall’Unione europea. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

   


  

Al direttore - Ho letto ieri sul Messaggero una saggia intervista a Carlo Calenda su Stellantis, dove si lamenta del fatto che l’azienda non sia più italiana e chiede soldi per restare in Italia e nota che la sinistra e la Cgil hanno smesso di parlare di questo problema da quando gli Elkann hanno comprato Repubblica. Sorprendente. E imbarazzante. Cosa ne pensate?
Francesca Parrini

Intervista interessante. E’ interessante anche però un altro aspetto. Gli Elkann vendono Marelli, vendono fabbriche Maserati, vendono giornali, spostano il cuore della loro azienda fuori dall’Italia, mettono in vendita fabbriche su Immobiliare.it e poi però si indignano con il governo, via Rep., che prova a vendere ai privati quote di alcuni asset. Bizzarro no?

   


 

Al direttore - La nomina di Gabriel Attal come primo ministro francese ha lanciato un importante segnale a tutti i paesi europei: i giovani possono e devono avere un maggiore ruolo nelle nostre istituzioni. A 34 anni, Attal è oggi la seconda carica dello stato, un riconoscimento della capacità di questa generazione a partecipare attivamente alle scelte decisionali. Le più grandi rivoluzioni di questi anni sono nate e crescono attraverso i pensieri e i quotidiani gesti dei più giovani: dalla sensibilità ambientale, riconosciuta solo di recente nella nostra Costituzione, a quella per una società inclusiva, per una istruzione di qualità, accessibile, per un rinnovato sistema occupazionale. Eppure, insieme alla Grecia, il nostro è il paese dove i giovani hanno maggiori ostacoli ad accedere alle istituzioni: in Italia a 18 anni si può essere eletti sindaci di una città come Roma, ci si può sposare, arruolare o si può guidare un’automobile, ma non si può essere deputati o senatori, europarlamentari e decidere le regole della convivenza comune, che riguardano le generazioni di oggi e soprattutto quelle di domani. La causa è duplice: da un lato, la retorica anacronistica che associa la gioventù all’inesperienza e dall’altro, cosa peggiore, barriere normative che impediscono l’ingresso dei giovani nelle istituzioni. La nomina di Attal è una novità pregna di significato per i giovani di tutta Europa. E’ la ragione per cui al nostro paese serve un duplice cambiamento: uno culturale, che superi l’associazione tra l’essere giovani e l’essere inadatti a prendere decisioni importanti per tutti e poi  uno che preveda un programma di riforme, che elimini quelle barriere normative che ostacolano ogni opportunità di cambiamento diretto dei giovani nelle nostre istituzioni. Da sempre, lavoriamo affinché le giovani generazioni possano avere un ruolo determinante nella società. Per farlo devono però essere presenti anche in quei luoghi in cui le scelte sulle sorti del paese vengono prese. Lo ha detto egregiamente il nostro capo dello stato: allenando i giovani ai valori della Costituzione si costruisce il futuro. Mi auguro che la nomina di Attal possa fungere da catalizzatore per un cambio di prospettiva solido e generale in Europa ma soprattutto nel nostro paese.
Maria Cristina Pisani

presidente del Consiglio nazionale dei Giovani
 

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