le lettere

Giorgia Meloni dovrebbe fare un viaggetto in treno con Draghi

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Si assiste a un gran parlare e invocare una politica estera e di difesa comune dell’Unione europea, di fronte a un ordine mondiale che è entrato in una fase di grave destabilizzazione e di ricerca di un nuovo assetto. Che detta invocazione sia necessaria, giustificata e urgente non v’è dubbio alcuno. Nondimeno, ho l’impressione che tra le élite dirigenti politiche e di governo dei paesi dell’Unione non vi sia una chiara presa di consapevolezza di quello che esattamente una tale necessità comporti per l’insieme dell’Unione e per ogni singolo paese. Sottopongo la riflessione al riguardo in forma di interrogativi. E, dunque, mi chiedo se si ha contezza che: 1) una politica estera e di difesa comune non possa precedere bensì debba seguire una netta scelta dell’Ue nel riconoscersi e presentarsi agli altri soggetti geopolitici come una media potenza sul continente e nel mondo?; 2) vi sia un nucleo di stati dell’Unione come apripista e guida in tal senso?; 3) una politica di media potenza avrà inevitabilmente degli impatti sul terreno delle politiche economiche e finanziarie finalizzate a combattere le diseguaglianze sociali, considerando le maggiori risorse – del bilancio europeo comunitario e dei bilanci nazionali degli stati – che dovranno essere spostate dalla spesa pubblica per il welfare state a quella per la difesa militare, quest’ultima non più assicurata esclusivamente dagli Stati Uniti per una certa “stanchezza imperiale” degli americani nel ruolo guida dell’Alleanza atlantica delle democrazie liberali? E la lista potrebbe continuare ancora. Ripeto: è urgente avere una politica estera e di difesa comune dell’Unione europea, purché si dichiari, nei fatti e non a parole, di voler essere un soggetto geopolitico di media potenza pronto a pagarne tutti i prezzi conseguenti. Ne va del destino dell’Ue come soggetto storico.

Alberto Bianchi

 

Sui temi europei, sul governo italiano e sulla traiettoria di Meloni in Ue ieri il senatore Matteo Renzi ha offerto qualche spunto di riflessione interessante in Aula. “La presidente Meloni dice giustamente che il governo è per l’allargamento e questo viene poi sottolineato negli interventi della maggioranza. Il tema dell’allargamento però pone una domanda su che tipo di Europa vogliamo. Noi pensiamo di avere un’opinione diversa dalla sua. Noi siamo per gli Stati Uniti d’Europa, noi siamo perché l’allargamento produca una Commissione davvero politica. Questo vuol dire superamento del diritto di voto, Europa a più velocità, non retorica dell’Europa delle nazioni, elezione diretta del presidente, non solo del Consiglio, ma del presidente della Commissione. Questa idea di Europa non è uscita nel dibattito di questi giorni. Le auguriamo di potersi fare promotrice di una discussione perché per noi l’Europa, così com’è, finisce”. L’Europa che Meloni sognava è chiara. L’Europa che oggi Meloni deve accettare è altrettanto chiara. Ma dire che sia chiara l’Europa che ha in mente Meloni sarebbe eccessivo. Abbiamo un consiglio: un viaggio in treno con Mario Draghi, andrebbe bene anche da Roma a Ciampino.