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Lettere al direttore

C'è un mondo che cambia là fuori, e noi avremmo voluto l'Expo

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Al processo di Norimberga un gerarca nazista affermò che nel suo campo gli ebrei venivano sterminati, ma non torturati. Il 7 ottobre i terroristi di Hamas non hanno avuto neppure questo scrupolo.
Giuliano Cazzola
Al direttore - Cinghiali, pantegane, rifiuti, taxi e munificenza degli sceicchi a parte, Roma ha perso l’Expo perché è una città che sa di vecchio, che non è capace di parlare al futuro.
Michele Magno

I Giochi invernali asiatici del 2029. La Coppa del mondo di calcio del 2034. La fusione del suo circuito golfistico con quello della Pga Tour. E poi i miliardi spesi per il campionato di calcio (con Ronaldo & Co). Dietro al successo dell’Arabia Saudita, c’è certamente il fallimento dell’Italia e di Roma. C’è il così  detto “Sportwashing”, ovvio. Ci sono i miliardi derivati dal petrolio (7,8 miliardi di dollari stanziati su Expo, 100 miliardi di dollari stanziati per il progetto Vision 2030). Ma c’è anche altro. C’è un mondo che cambia, ci sono equilibri che si stravolgono, ci sono rapporti tra paesi che si trasformano (Hamas ha attaccato Israele negli stessi giorni in cui sauditi e Israele stavano provando a normalizzare i loro rapporti) e ci sono tentativi crescenti di alcuni paesi di infilarsi nella competizione tra Cina e Stati Uniti per assumere un ruolo da mediatore. Il flop italiano è clamoroso, ma il mondo che cambia è ancora più interessante. Consiglio: ritagliate il Foglio di lunedì prossimo.


Al direttore  - La politica italiana ha un grosso problema che si chiama “annuncite”. Il governo Meloni ha promesso l’innalzamento delle pensioni minime a 1.000 euro, il blocco navale e tanto altro. Ovviamente nulla è stato fatto. Di questo governo sono critico, non condivido ad esempio la gestione del fenomeno migratorio e l’ultima trovata, i campi profughi in Albania, è destinata a fallire. Ho espresso, invece, pieno sostegno alla riforma della giustizia, ma ne abbiamo perso le tracce. Dove vogliamo portare l’Italia? Su questo la politica deve interrogarsi. Nel 2022 sono sceso in campo candidandomi a governatore della Regione siciliana. Ho preso 500 mila voti, Sud chiama Nord si è attestato come primo partito prendendo il 25 per cento e l’uno per cento nazionale. La Sicilia può decollare, bisogna intanto fermare la gestione politico-clientelare che ha caratterizzato la storia della regione. Le europee saranno uno step intermedio e noi ci saremo. Ma il nostro obiettivo primario rimangono le regionali. Non escludo che si vada al voto anticipato ed è necessario iniziare a fare dei ragionamenti di coalizione. Questo tema si incrocia con le dinamiche nazionali, senza dimenticarci che da sempre la Sicilia è un laboratorio politico. Oggi i cittadini sono disorientati davanti a un’opposizione talmente frammentata che non è capace di far fronte comune. In Sicilia non dovremo commettere questo errore. Per questo ho dato la mia disponibilità a far da federatore di una coalizione fatta da forze politiche alternative a quelle di governo. Sud chiama Nord con il suo peso può decidere le sorti della Sicilia, ma anche dei 18 collegi uninominali siciliani.
Cateno De Luca leader Sud chiama Nord

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