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Lettere

Percorso obbligato: l'inevitabile successo della mostra agli Uffizi

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Leggo con sorpresa l’articolo di Salvatore Merlo sul Foglio di martedì 25 luglio, in cui si mette in discussione l’effettiva veridicità del numero dei visitatori della mostra “Riviste. La cultura in Italia nel primo ’900”. Tuttavia, il vostro giornalista è vittima di un abbaglio. Infatti, diversamente da quanto suggerito nell’articolo, non è che agli Uffizi, “(…) poi con quel biglietto, se uno voleva (…) dopo Leonardo, Giotto, Michelangelo Merisi detto Caravaggio, dopo entrava pure a vedere la mostra di Gennaro Sangiuliano”. Al contrario, la mostra sulle riviste – così come quella dedicata alla finanza nell’antica Roma, nelle sale attigue – si trova proprio all’inizio del percorso, e tutti i visitatori che entrano al museo vedono queste due esposizioni prima di salire a immergersi nella collezione permanente. Accade anche che chi viene regolarmente al museo – ad esempio, i titolari dell’abbonamento annuale – lo faccia appositamente per vedere la mostra, senza poi salire a rivedere la collezione permanente. Infatti, possiamo affermare con certezza che ad oggi oltre 330 mila persone hanno visto la mostra sulle riviste nazionali del primo Novecento; il numero di coloro che poi abbiano visto anche Caravaggio, verso la fine del percorso, è indubbiamente inferiore. Sperando di poterla presto salutare di persona nelle nostre sale, e in particolare nella straordinaria mostra sulle Riviste (ora prorogata fino al 7 gennaio), La saluto cordialmente.

Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze

Rilegga quello che ci ha scritto, gentilissimo Schmidt: “La mostra si trova all’inizio del percorso e tutti i visitatori che entrano al museo vedono queste esposizioni prima di salire a immergersi nella collezione permanente”. Praticamente, gentilissimo direttore, ci sta dicendo che è impossibile, per chiunque vada agli Uffizi, non attraversare la sala dove si trova la mostra osannata dal ministro. E praticamente, gentile direttore, ci sta confermando che è impossibile poter affermare quello che il ministro ha affermato: che 330 mila persone sono andate a visitare la mostra osannata dal ministro. Se ci fosse stata all’ingresso degli Uffizi, cosa che non possiamo escludere un giorno, una statua raffigurante il ministro Sangiuliano a cavallo sarebbe successa la stessa cosa: 330 mila persone l’avrebbero vista non perché lo volevano ma perché si trovava lì. Prezzolini, molto amato dal ministro, si inventò la società degli apoti: “Coloro che non se la bevono”. Suggeriamo una mostra, per rinfrescare le idee sul tema. Grazie della conferma e buon lavoro. 


 

Al direttore - Non so se dovrei considerarmi uno dei “tonti” (come ha detto giorni fa Urbano Cairo al vostro Carmelo Caruso) che collaborano con la premier, ma certo mi sembra un po’ ruvida la rappresentazione del Pnrr come un fallimento del governo. E cito ancora Cairo: sui ritardi del Pnrr “forse qualche colpa la ha…” Draghi. Ma queste sono questioni che lascio ai suoi esperti osservatori, sperando non abbiano occhiali troppo spessi e ascoltino Cairo non solo per definirci tonti. Oggi il mio impegno è rivolto al territorio, essendo da pochi mesi Commissario per la ricostruzione e rigenerazione delle aree del sisma 2016. Una visione parziale, ma coerente con quello che notava giorni fa Gianfranco Viesti sul Messaggero: il Pnrr visto dai comuni funziona meglio. In generale. E in particolare per le zone dell’Appennino centrale dove il terremoto ha colpito duro sette anni fa. La ricostruzione non è andata spedita come forse avrebbe dovuto ma si stanno muovendo molte attività di ripresa di un territorio da troppo tempo marginalizzato. L’Appennino da decenni è stato trascurato, un po’ come tutta l’Italia centrale, abbandonata tra due questioni storiche in un limbo di oblio e di periferia. Ripresa e resilienza per questi territori hanno un significato in più. E le risorse messe a disposizione dal Piano nazionale complementare al Pnrr sono state messe a terra con lena e vigore. La struttura commissariale ha avuto la soddisfazione di avviare nei primi mesi di quest’anno l’assegnazione di 348 milioni (per 1.301 progetti nelle quattro regioni colpite: Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo) derivanti dal Fondo complementare del Pnrr che ha finanziato il programma “Next Appennino”. L’assegnazione di questi primi fondi è avvenuta nei giorni in cui si parla di un’Italia che non riesce a spendere le risorse pubbliche. Nell’Appennino centrale è stato dimostrato il contrario: si può spendere e investire. I finanziamenti pubblici non si sprecano e generano virtuose collaborazioni con il sistema privato: i 348 milioni assegnati generano complessivamente investimenti per quasi 600 milioni. E poi ci sono le risorse per grandi investimenti per grandi imprese. Grazie a incentivi per circa 43 milioni di euro, saranno generati nel territorio investimenti per oltre 190 milioni di euro. Un “modello Appennino” per il Pnrr? Senza esagerare in enfasi e retorica, credo che sia giusto segnalare, oltre alle tante criticità, anche le “best practice”: e il programma “Next Appennino” è tra queste. Anche per la innovativa esperienza di governance multilivello, che raccoglie nella cabina di coordinamento le competenze delle regioni coinvolte, oltre al coordinamento del commissario e dei suoi uffici centrali e sul territorio. Nel cratere c’è vita, c’è un laboratorio amministrativo che mostra segnali evolutivi rispetto al Titolo V della Costituzione. E c’è una efficienza faticosa ma efficace anche quando si tratta di utilizzare le risorse messe a disposizione dall’Europa e dallo Stato italiano, con il Pnrr e con il Piano nazionale complementare.

Guido Castelli, commissario straordinario del governo per la ricostruzione sisma 2016
 

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