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lettere al direttore

Ancora discutiamo su cosa fare di una belva che ha ucciso un uomo?

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Grazie alle sue armi, l’ironia e la comicità, la satira politica può sia delegittimare chi è al potere sia infierire su chi è caduto nella polvere. Ciò la rende uno strumento fondamentale della libertà d’espressione, ma spiega anche perché essa abbia servito e possa servire ogni sorta di padroni. 
Michele Magno

Al direttore - Tra la signora Arianna Meloni e il ministro Francesco Lollobrigida non intendo mettere non dico il dito ma neppure l’unghia. Però io avrei semplicemente chiesto l’originale con dedica della vignetta e offerto a Natangelo un caffè. Sarà per aver cumulato un centinaio tra denunce e querele (compresi sette giorni di carcere) per la direzione responsabile del Male, ma avrei liquidato tutto con un sorriso e un’alzata di spalle, pregando tutti i “solidali” di non scandalizzarsi. In fin dei conti è uno scarabocchio. Un Fatto che non merita.
Valter Vecellio

Al direttore - La rigorosa ed efficace analisi della decisione della Corte di giustizia europea riguardante le concessioni “balneari” svolta autorevolmente, da par suo, dal professor Della Cananea sul Foglio del 21 aprile è senz’altro convincente, tranne che per un aspetto: l’essere, cioè, tale decisione un assist per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il fatto che ella avrebbe voluto una diversa scelta per tali concessioni è bilanciato dal  non essere riuscita a farla passare. Ciò per una presidente decisionista (volevo, ma non ho potuto) non è poco, soprattutto perché si trattava di una questione non di secondaria importanza. Dire oggi, come fa qualcuno dal governo, che la sentenza era attesa induce a chiedere perché non la si sia evitata; oppure, se la si è messa in conto e ugualmente si è agito in senso difforme, quale sia stata la strategia perseguita. Diversamente, si fa come quel tale che, caduto maldestramente, disse che aveva proprio voluto cadere.
Angelo De Mattia

 


     

Al direttore - Ma davvero dobbiamo ancora discutere su cosa fare con un orso che ha ucciso una persona?
Maria Marini

Il dibattito sull’orso – My God – mi sembra abbia raggiunto dei livelli di pazzia notevoli. E la pazzia del dibattito dipende da alcuni fattori precisi. Uno di questi è la volontà di trasformare i grandi carnivori in esseri razionali e moralmente responsabili. Uno di questi, come ha scritto Maurizio Crippa sulle nostre pagine, è quello di portare avanti un demenziale giustificazionismo che scatta ogni volta che un animale aggredisce un uomo. Uno di questi, poi, è che spesso ci si dimentica di ricordare, quando si parla di carnivori pericolosi, che il territorio in questione, il Trentino, non è il Wyoming, e che a differenza di quanto avviene in quei paradisi americani il nostro paradiso è strutturalmente segnato dalla presenza umana e non intervenire con forza in occasioni come queste significa anche fare un danno all’economia, “dando una spinta potente all’esodo dalla montagna, in particolare delle attività agricole e zootecniche, col conseguente spopolamento e snaturamento della montagna stessa”, come ha ricordato sul Foglio mesi fa Giorgio Tonini, politico che conosce bene il territorio in questione. Prima la smetteremo di trattare gli animali feroci come esseri umani, prima riusciremo a non discutere del nulla quando dovremo decidere cosa fare con un orso che ha ucciso un uomo. 

 


    

Al direttore - Nel pezzo a firma Maurizio Crippa sul Foglio di venerdì leggo che il progetto di reintroduzione dell’orso in Trentino (giudicato demente nel pezzo) sarebbe stato deciso nei primi anni 2000 da una giunta di sinistra a guida Margherita. Siccome si dà il caso che io ne fossi il presidente, posso affermare con assoluta documentabile certezza che nessuna giunta da me presieduta ha mai ideato, concordato con lo stato e men che meno deliberato nessun progetto di questa natura. Life Ursus, infatti, è stato pensato e approvato nella legislatura precedente (1993-1998) da una giunta provinciale guidata dal Partito autonomista. Tanto Le chiedo di chiarire, per onore del vero e al di là di ogni giudizio di merito sul progetto e su quanto accaduto in questi giorni. 
Lorenzo Dellai

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