Foto di Giuseppe Lami, via Ansa 

Lettere

Meloni al bivio sulle nomine. Terremoto: botta e risposta sulle consulenze

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa 

Al direttore - Una legge inadeguata, la “Bassanini”, ovviamente non giustifica una lottizzazione delle cariche apicali della dirigenza pubblica. Ciò vale per i governi passati e per quello ora in carica. Tuttavia, è anche vero che quella legge, avendo fatto passare in secondo piano la “neutralità” del dirigente pubblico e la sua funzione garantistica, ponendo in primo piano anche il carattere fiduciario dell’assegnazione dell’incarico, è un’oggettiva spinta ad attribuire un ruolo determinante alla fiducia, se non alla fedeltà, che si ripone nel dirigente.

La legge in questione andrebbe sollecitamente modificata a oltre venti anni dalla sua approvazione. La premier Meloni vi ha fatto riferimento nella conferenza stampa di fine anno ritenendo che alle responsabilità dei ministri debbono affiancarsi i relativi poteri. Tuttavia tale corrispondenza delle une e degli altri dovrebbe essere correlata a una funzione super partes, meritocratica, stabile, frutto di un’adeguata selezione, dell’alto dirigente pubblico.

Altra cosa sono, invece, gli incarichi in imprese ed enti pubblici, la cui nomina o conferma manca ancora di una normativa che sancisca criteri, requisiti, vincoli, conflitti di interesse, modalità di valutazione dell’operato. Vi si provvederà o è inutile sperarlo? Una tale revisione non sarebbe risolutiva, ma quanto meno renderebbe impossibili gli eccessi e darebbe trasparenza ai “perché” delle decisioni. Con i più cordiali saluti. 
Angelo De Mattia

Mi scandalizzerei un po’ meno per la “spartizione delle poltrone”, termine che chi non governa usa sempre per definire quello che dai posti di governo definirebbe come un “ricambio”, e mi concentrerei un po’ di più su un altro tema. Mario Draghi, da capo del governo, usò un criterio interessante nella partita delle nomine: fine dei potentati, fine degli interminabili regni delle società partecipate e scelta di figure capaci di interpretare una saggia strategia dell’ex premier, ovverosia più mercato nello stato attraverso volti apprezzati dal mercato stesso, capaci di portare una maggiore efficienza nelle società partecipate. La strategia di Meloni, nella partita delle nomine, si ritroverà di fronte a un bivio: scegliere di essere in continuità con il governo Draghi, attingendo dal mondo del mercato per rendere più competitivo ciò che gravita attorno allo stato, o scegliere di premiare solo la lealtà, la fedeltà e l’apparenza a discapito della competenza. E il fatto che la scelta non sia scontata non è una buona notizia per chi si augura che la classe dirigente meloniana sia all’altezza delle sfide dell’Italia.


 

Al direttore - Per la stima che nutro nei confronti suoi e del giornale avverto la necessità di qualche precisazione sul delicato tema trattato nell’articolo dal  titolo “No spoils no party”. Per quanto mi riguarda non ho svolto la delicata  funzione di consigliere giuridico presso la Struttura commissariale della presidenza del Consiglio per la ricostruzione post sisma 2016 con un compenso di 154 mila euro, come si legge nell’articolo, ma per il ben più modesto compenso annuo di euro 48 mila, lordo, ossia di circa 2.500 euro al mese. È una precisazione importante, non solo per me, perché corrisponde alla verità e alla legge e i lettori devono essere informati correttamente sulla remunerazione, pubblica, di chi presta servizio per le istituzioni. Si tratta di un lavoro molto impegnativo, con la responsabilità di un ufficio da cui dipendono in larga misura  la qualità dell’azione pubblica, le semplificazioni necessarie, i risultati. A questo proposito i numeri e i riconoscimenti unanimi del positivo lavoro della struttura, in termini di performance e  di risultati conseguiti, sono sotto gli occhi di tutti e non possono essere inquinati da polemica alcuna.

D’altronde l’apprezzamento  più volte manifestato dal nuovo commissario, senatore Guido Castelli, che ben conosce il lavoro svolto, è per noi il riconoscimento più significativo. Insomma, nei labirinti burocratici delle pubbliche amministrazioni è possibile lavorare bene, con dedizione e competenza, e ottenere risultati concreti e misurabili. La seconda precisazione, forse meno importante, è che il sottoscritto non svolge questa funzione in quanto “ex parlamentare Pd” per due ragioni.

La prima è che ho un cospicuo curriculum professionale e scientifico, pubblico, e sono da anni docente nel Dipartimento di eccellenza sulle fragilità territoriali del Politecnico di Milano. Non vado oltre. La seconda ragione è che nel gruppo parlamentare del Pd sono stato iscritto per pochi mesi essendo uscito nel 2009 per ragioni ideali e politiche, senza alcuna convenienza, rimanendo come parlamentare indipendente nel gruppo dell’unione di centro e, nell’Osce, come Alto rappresentante nel gruppo liberale. Non essendomi ricandidato in Parlamento nel 2013, senza tessere né partito, venni eletto all’unanimità dalla Camera nel Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa. È un piccolo dettaglio forse, ma noto, pubblico, e mi sembra giusto precisarlo. In Italia si possono avere idee liberaldemocratiche senza essere iscritti a partiti politici, si può avere un curriculum professionale di rispetto e si possono servire le istituzioni in varie funzioni, anche umili e malpagate.

La damnatio nei confronti di chi ha esercitato in passato ruoli istituzionali non mi sembra nelle corde di questo giornale e neppure di moda. Resta, certo, la delicatezza del tema di un uso temperato e intelligente dello spoils system, perché competenza e indipendenza sono requisiti indefettibili della funzione pubblica e, per quanto mi riguarda, sono convinto che questo principio potrà ispirare anche l’azione dell’attuale governo. Con stima.
Pierluigi Mantini

Risponde Simone Canettieri. Caro onorevole Mantini, non era intenzione dell’articolo soffermarsi sugli stipendi. Anche chi lavora nelle e per le istituzioni ha il diritto di essere ben pagato. Ci interessava lo spoils system. A noi dispiace invece che le sembri una cosa talmente importante, quella dello stipendio, da esserselo abbassato nella lettera che ci ha inviato. Cosa che, nostro malgrado, ci ha costretto a prendere ulteriori informazioni. Risultano due consulenze a suo carico, una da 48 mila euro e un’altra da 106 mila. Quest’ultima, legata al Pnrr, assorbirebbe la prima. Anche se alla prima era legato anche un rimborso spese da 80 mila euro per vitto, alloggio e viaggi. Vede in quale ginepraio ci siamo cacciati. Auguri di buon anno.

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