Foto di Sergey Karpuhin, Sputnik, Kremlin Pool Photo, via AP, via LaPresse 

Lettere

Quei dittatori a corto di idee che pastrocchiano il liberismo

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Le malelingue dicono che per la sinistra il tetto al contante è di cinquecentomila euro in casa e di trentamila nella cuccia del cane.
Michele Magno


 

Al direttore - La storia degli ultimi decenni mostra che politiche economiche neoliberali sono pienamente compatibili con assetti autoritari e perfino teocratici (cioè con il contrario del liberalismo politico). Questo vale per la Russia di Putin, si pensi alla flat tax in quel paese, vale per l’Iran (ne avete parlato anche sul Foglio, il 12 gennaio 2017: “Hashemi Rafsanjani è stato il fondatore di una politica economica neoliberista che ha danneggiato i lavoratori e i poveri; una politica che è stata seguita più o meno allo stesso modo dai successivi governi in Iran”), vale per altri paesi (nel 2019 pubblicai un libro su Dubai, dove vive un ramo della mia famiglia, un caso simile a quello del Qatar di cui si discute in queste settimane). La libertà economica è di solito la migliore garanzia anche per le altre libertà? Proprio questo è stato il nocciolo del neoliberalismo come ideologia politica: ma è una tesi che si è rilevata fallace, alla prova dei fatti (e continuare a negarli, per restare fedele ai propri dogmi, non è molto “liberale”). Il fallimento del neoliberalismo non riguarda peraltro solo i diritti civili e politici, ma anche altri aspetti, come l’aumento delle disuguaglianze in occidente, o la crisi ambientale. Infatti il tema oggi è come orientare lo sviluppo economico, e quello tecnologico che ne è il cuore, verso la democrazia e i diritti umani (civili e politici, sociali, ambientali): si cominci col porli esplicitamente quale fine dell’agire politico, e non come derivati dalle forme economiche, qualunque esse siano.
Emanuele Felice

 

Caro Emanuele Felice, la sua insistenza sul punto è talmente incredibile da essere quasi eroica. Mi auguro, con simpatia, che lei non sia serio quando afferma che la presenza di una flat tax in Russia, se così vogliamo chiamarla, fa della Russia, che è un paese autarchico, nazionalista, dove Putin, come si sarà accorto, ha il potere di controllare anche cosa si nasconde dentro le mutande di chi paga le tasse, uno stato ostaggio del neoliberismo. Ma se vogliamo prendere sul serio la sua affermazione possiamo dire che si conferma una vecchia regola: quando uno stato nazionalista, guidato da un dittatore, sperimenta una qualche misura liberista di solito quello stato dura poco. È successo in Cile, con Pinochet. È successo in Cina, con Deng Xiaoping che si accorse rapidamente quanto non fosse sostenibile offrire ai cittadini maggiore libertà economica senza concedere altre libertà. Ed è successo in Russia, dove Putin, per disperazione, si è rifugiato nello schema della flat tax non in quanto convinto liberista, santo cielo cosa ha pensato caro Felice, ma in quanto dittatore disperato a caccia di nuove idee (anche l’Unione sovietica, nota culla di neoliberisti, aveva una flat tax sul reddito e anche Raúl Castro ha fatto qualche apertura al mercato a Cuba, ma anche qui le ragioni sono quelle appena esposte: disperazione, non liberismo). Rispetto alle parole del Foglio che lei cita trattasi di rubrica fogliante, fatta tra il 2015 e il 2017, dove riportavamo, per l’appunto, tutte le stupidaggini scritte sul liberismo, compresa questa. Ci spiace aver chiuso quella rubrica, sarebbe stata per noi una risorsa formidabile. Un caro saluto e grazie.

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