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In Parlamento l'ultimo flop dell'ambientalismo all'amatriciana

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - L'Italia è il paese che amano

Giuseppe De Filippi


Al direttore - Dice Enrico Letta che un leader di parte non può essere eletto presidente di tutti. Abbiamo finalmente capito perché il Pd impallinò Romano Prodi.
Andrea Cangini 

  

E abbiamo soprattutto capito che Enrico Letta, che giustamente dice che la maggioranza per il prossimo capo dello stato dovrà essere più larga possibile, non ha alcuna intenzione di scommettere su un politico del Pd per scrivere il prossimo romanzo Quirinale: al Colle non può andare un leader di parte, sì, ma neppure un politico di parte. Un altro segnale utile per dire: alternative a Draghi, al momento, non ci sono.


 
Al direttore - Ieri l’altro alla Camera una mozione sulle dichiarazioni del presidente del Consiglio presentata da Rossella Muroni, deputata di ispirazione ecologista, che chiedeva al governo italiano di “lavorare per escludere il nucleare e il gas dalla tassonomia europea” ha raccolto la bellezza di 9 voti a favore, 9 astenuti e 407 contrari. Se le parole hanno un senso, quindi, il governo italiano dovrebbe lavorare con vigore e con l’appoggio di una larga maggioranza,  per inserire gas e nucleare nella tassonomia. Cosa che per altro  l’Europa sembra si appresti a fare. Naturalmente i commenti dei supporter della mozione si sono scagliati contro i contrari che avrebbero con quel voto mostrato “il loro vero volto”. Un po’ come la famosa storiella del tizio che imbocca l’autostrada al contrario e pensa  che tutti gli altri siano contromano.  Più seriamente c’è da domandarsi come mai in una fase storica nella quale i temi ambientali fanno l’agenda della politica, vedi l’alleanza di governo tedesca i verdi italiani abbiano deciso di consegnarsi alla più totale irrilevanza. Il giorno prima ci aveva pensato Angelo Bonelli, portavoce di Europa verde, a chiedere in una  lettera roboante e zeppa di argomentazioni fasulle le dimissioni di Cingolani. Anch’essa passata in cavalleria senza farsi notare. Credo che tutto questo abbia a che fare più che con le politiche ambientali con la rincorsa già iniziata a decidere chi guiderà una futura lista verde alle prossime elezioni. E come sempre la prima qualità che deve mostrare il potenziale leader per essere incoronato è la purezza ideologica e l’intransigenza. Onde non essere impallinato dal collega concorrente con l’accusa di fellonia e intelligenza con il nemico. Vicende tutto considerato minori se non fosse che lasciano scorie nel dibattito politico italiano relativo alla transizione verde. Della cui opportunità nessuno discute, ma sulla cui direzione di marcia, sui tempi e sui mezzi c’è invece molto da approfondire. Il caso dei costi dell’energia raddoppiati,  con famiglie e imprese sull’orlo di una crisi di nervi e di fallimenti a ripetizione, con il governo costretto a immettere miliardi  su miliardi per raffreddare la situazione e con l’inflazione, vera tassa occulta, vicina al 4 per cento, mostra bene dove stanno le contraddizioni e i nodi da sciogliere. Qualcuno si ricorda della questione della soppressione dei  “sussidi ambientalmente dannosi”? Obiettivo centrale e  comune fino a pochi mesi fa di un ampio fronte comprendente Cinque stelle e Pd e il passato  ministro dell’Ambiente? In pratica  una richiesta di aumento dei prezzi  di alcuni combustibili. I prezzi nel frattempo sono schizzati e le parti si sono esattamente rovesciate. Il problema è diventato quello di diminuire i prezzi dell’energia. 
 L’Italia dipende come è noto per larga parte dal gas. Il suo contributo potrà diminuire in futuro grazie alla espansione delle rinnovabili, ma resterà comunque decisivo. Come lo sarà in Germania anche ammesso che la coalizione semaforo riesca  a spingere molto sulle rinnovabili. Anzi per quel paese la questione Nord Stream 2 corre il rischio di diventare un’enorme grana geopolitica.  Poi tutti tendiamo a dimenticarci che dalla vicina Francia importiamo fra il 10 e il 15 per cento dell’energia elettrica prevalentemente di origine nucleare. Ambedue le fonti sono assolutamente necessarie alla transizione  italiana ed europea, a meno di non voler restare con il carbone tedesco, polacco e italiano. Scommetto che non lo chiuderemo nel 2025 e l’alto prezzo del gas gli sta anzi regalando una nuova giovinezza. Enel per esempio ha dovuto riaccendere  la centrale a carbone di La Spezia su richiesta di Terna. Ma lo strabismo verde guarda altrove.  L’attacco continuo che viene rivolto al gas è puro tafazzismo. Giustamente si sta ricominciando a parlare dello sfruttamento delle risorse nazionali, non eccezionali ma consistenti, in Adriatico, inopportunamente bloccate dal fondamentalismo di ogni colore. Draghi e Cingolani hanno intanto  messo gli occhi sui veri beneficiati da questa situazione: le rinnovabili e soprattutto l’idroelettrico che continuando a produrre a costi variabili pari quasi a zero si stanno portando a casa extra rendite spettacolari nella scia dei prezzi determinati nel mercato elettrico dal gas. 
Chicco Testa 

 

Ambientalismo all’amatriciana, no, grazie: buon segnale.

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