C'è un solo Papa per il Colle. La strana concorrenza all'italiana

Le lettere al direttore del 15 dicembre 2021

Al direttore - Sul Quirinale Conte non lascia il pallino al centrodestra: Pinco è nostro.
Giuseppe De Filippi


  
Al direttore - Girano i nomi dei possibili nuovi inquilini del Quirinale. E’ il solito giro di valzer, un evergreen. E ogni volta mi ritorna in mente la vecchia storica collaudata regola dei conclavi: entrano papi ed escono cardinali. Ma forse sbaglio, non ho pratica di palazzi e sacrestie.
Gino Roca

I papi possono uscire cardinali solo quando ci sono altri cardinali. Ma quando gli altri cardinali non ci sono, per chi entra Papa, in un conclave, uscire cardinale è decisamente più difficile, e in politica, di papi possibili, in giro se ne vede solo uno. 


 

Al direttore - Nel suo ultimo volumetto (“Post-Coronial Studies”), il filosofo Maurizio Ferraris, dopo aver smontato magistralmente la favola degli “umani schiavi della tecnica”, osserva che la democrazia si esercita anche attraverso la crescita dei documenti, a cui corrisponde una crescita dei diritti. La carta d’identità, la tessera sanitaria, la patente, la carta di credito, il certificato elettorale, e oggi il green pass, sono “prima di tutto strumenti abilitanti: permettono, molto prima e molto più che vietare”. In altre parole, i documenti sono la manifestazione di un diritto, che ovviamente comporta la nascita di un dovere, ma il gioco vale la candela. Ferraris cita l’esempio dei servi medievali che non avevano documenti, erano dei sans papiers. Quando cominciarono a fuggire trovando asilo nei liberi comuni, il primo atto a cui dovevano sottostare era di iscriversi nei registri delle parrocchie. Atto che aveva un prezzo, poiché li avrebbe costretti a pagare le tasse, ma in compenso nessun signore avrebbe potuto mettere le mani su di loro. Si estendeva così anche ai servi il diritto di “habeas corpus” che il re, in Inghilterra, aveva concesso ai baroni. Ora, io posso anche capire che questo discorso non sfiori nemmeno l’anticamera del cervello di Giorgia Meloni, di Matteo Salvini e dei pittoreschi personaggi alla Don Ferrante che fanno casino nei talk-show televisivi. Ma che venga liquidato con un’alzata di spalle da illustri pensatori, teorici del virus complottista e biopolitico, la dice lunga sul sonno della ragione all’epoca della pandemia.
Michele Magno


 

Al direttore - “Il problema con Amazon –  scrive Lorenzo Borga sul Foglio di lunedì – è che uccida l’innovazione degli altri”. A preoccupare ancora di più è “il problema con l’Antitrust”: cioè che essa cambi mestiere e che invece di fare gli interessi dei consumatori si metta a proteggere i concorrenti. Col che noi perderemmo un’istituzione essenziale al buon funzionamento del mercato. Noi in quanto italiani, e noi in quanto europei: perché se Roma fa piangere, Bruxelles non fa ridere. Quello che è successo con la giga-multa ad Amazon è niente in confronto a quello che succederebbe se fosse approvato quanto previsto da un articolo della legge sulla Concorrenza. Infatti finora è l’Antitrust a dovere dimostrare che l’impresa, della sua posizione dominante, che di per sé non rileva, abbia abusato; e deve farlo definendo con precisione il mercato rilevante, e individuando gli episodi contestati. Con la nuova legge invece, se si tratta di piattaforme digitali, diventerebbe sempre presunto l’abuso di posizione dominante, e quindi sarebbe l’impresa a dover dare la prova diabolica di non averlo fatto. Mal posta è anche l’accusa di comprare start-up per “uccidere in culla i nuovi Amazon, Apple e Google degli anni Venti”. Il raffinato e perfetto mercato finanziario Usa non darebbe mai soldi a una start-up che si ponesse un obiettivo così assurdo. Quello di arricchirsi con la quotazione in Borsa è già molto ambizioso, pochi (percentualmente) ci arrivano. Più raggiungibile è destare l’interesse di un’impresa più grande, farsi comprare e così monetizzare. In questo modo si stimola l’innovazione, perché si prospetta a tutti gli startupper un obiettivo meno arduo da raggiungere. “Con la decisione dell’Antitrust”, come ha scritto sul Foglio C. A. Carnevale Maffè, “prende forma il disegno di un’Europa che, dopo aver perso quasi tutti i treni dell’economia digitale per insipienza delle istituzioni e frammentarietà del sistema finanziario e competitivo del Vecchio continente, cerca di riguadagnare spazio politico a suon di multe”.

Franco Debenedetti