Matteo Salvini (foto Ansa)

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Le contraddizioni dei sindacati sul Green pass. Radicali vs Salvini

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Caro Cerasa, che tristezza vedere sul tema del Green pass i segretari della Cgil, della Cisl e della Uil andare a braccetto con Salvini.
Luca Mattei 

Triste ma anche contraddittorio. Dice giustamente il nostro amico Pietro Ichino: ma come si fa a battersi per aumentare la sicurezza sul lavoro predicando l’azzeramento dei rischi e poi opporsi all’unica misura veramente radicale contro il rischio di contagio?



Al direttore - L’assessore Massimo Adriatici ha diritto di difendersi nel processo ma potrebbe avere bisogno di difendersi anche dai danni causati dalle precipitose ricostruzioni dei fatti di Voghera esternate a valanga dal suo leader di partito Salvini. Mai come in questo caso è tutt’altro che scontato, è fondamentale, affermare che sarà il processo con i suoi tempi (speriamo non biblici) e con le sue garanzie ad accertare i fatti accaduti e le responsabilità. Sono proprio quelle tragiche situazioni in cui accade che la vittima di un reato diventi in pochi minuti colpevole di un reato ben più grave e l’autore di un reato diventi vittima a mostrarci quanto sia irrinunciabile un approccio garantista. Affermare che la difesa è sempre legittima invece è un inganno nei confronti dei cittadini. Quel sempre travolge i principi di proporzionalità e di legalità, la necessità stessa di un puntuale accertamento della dinamica dell’accaduto, non condizionato da pregiudizi di sorta e tanto meno da campagne o da polemiche politiche. Quando nel marzo del 2019 il Parlamento approvò la brutta modifica del codice penale sulla legittima difesa domestica o nei luoghi di lavoro (che non può in alcun modo riguardare quindi il caso di Voghera), così oscena e confusa in termini giuridici da spingere il presidente della Repubblica a intervenire per richiamare ai princìpi costituzionali e alla necessità di una verifica sulla “portata obiettiva del grave turbamento” collegato all’azione di legittima difesa, lo fece al termine di un dibattito sconfortante: tristemente indicativo dello stato di salute della nostra democrazia parlamentare. L’intento politico della Lega era quello di forzare per introdurre nel codice l’ingannevole garanzia di una generalizzata legittimità nella difesa domestica. Alla base dell’urgenza di questo provvedimento non era la mole di procedimenti per eccesso colposo di legittima difesa – una manciata negli ultimi anni – bensì il responso uscito da sondaggi citati nel dibattito: “Il 73 per cento degli italiani ritengono giusto usare le armi contro i banditi” (la replica del sottosegretario leghista alla Giustizia Morrone). Pochi giorni prima il ministro dell’Interno Salvini aveva fatto visita nel carcere di Piacenza a un cittadino condannato in via definitiva per tentato omicidio poiché, dopo averlo immobilizzato, aveva sparato due colpi di fucile a un uomo sorpreso nel tentativo di rubare del gasolio dalla sua azienda. Salvini indicò quel caso come emblematico della necessità della riforma in discussione, un caso che nulla aveva a che fare con la legittima difesa ma semmai, secondo la Cassazione, era più vicino a un tentativo di giustiziare un ladro. Il ministro Salvini annunciò che avrebbe persino avanzato una domanda di grazia al capo dello stato. Il M5s non intervenne mai nel dibattito se non in dichiarazione di voto minimizzando la portata di quel provvedimento. Era in realtà un altro capitolo del baratto concordato tra Lega e M5s: legittima difesa in cambio dello “Spazzacorrotti” con l’abominio dell’abolizione della prescrizione votato poco prima. Forza Italia si accodò nel voto sulla legittima difesa. L’accelerazione dello scivolamento nel populismo penale è stata segnata da quel dibattito e dal suo esito parlamentare, strettamente connesso a quello sulla prescrizione. Ma il caso di Voghera è anche la manifestazione di quanto la deriva securitaria abbia condizionato la politica locale sempre più affollata di sindaci ed assessori sceriffi che sconfinano in competenze di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza che non sarebbero loro in termini istituzionali. Il cortocircuito della demagogia che cavalca l’insicurezza percepita, a fronte di un numero di reati in calo da molti anni, è soltanto un sintomo di una crisi della rappresentanza democratica molto più profonda e pericolosa. Per questo sarebbe necessario che l’attuale maggioranza oltre a modificare la pessima riforma della prescrizione Bonafede faccia lo stesso con l’oscena riforma della legittima difesa targata Salvini. La prima ha ingannato i cittadini con l’illusione di una giustizia più giusta, rendendoli invece ostaggio di un processo senza fine. La seconda li ha ingannati con la promessa di maggiore sicurezza, seminando invece soltanto un clima di violenza.
Riccardo Magi, deputato di + Europa

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