Draghi parla poco e quando lo fa, funziona. Ben fatto, no?

Le lettere del 20 marzo al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Nell’editoriale del 19 marzo, Ella scrive che bisogna uscire dalla dimensione messianica ed entrare in una dimensione diversa per un esame dell’agire del governo Draghi. Meglio non si poteva scrivere. Dare, poi, il giusto peso alle parole – come Ella soggiunge più avanti – non significa fare a meno di comunicare, da parte del governo, perché questa mancanza finisce poi con il comunicare panico. Ecco allora, si può discutere su alcune decisioni che Ella ascrive alla “rivoluzione positiva” del presidente del Consiglio. Ma non è questo il tema che intendo sottoporle. Mi interessa, invece, rilevare che se Draghi non è, come non è, l’onnipotente che rende possibili le cose impossibili come Ella sostiene, allora una comunicazione, che indichi avanzamenti e limiti e faccia comprendere bene l’operare dell’esecutivo, è cruciale. E’ tale anche perché sulla stampa si nota spesso una esaltazione “a prescindere”, assai dannosa per lo stesso Draghi (manca poco perché lo si lodi anche quando vi capiterà di esprimere, come accade a tutti i mortali, dei concetti normali, se non addirittura banali). Ma di una tale comunicazione non si vedono (ancora?) i giusti segnali eppure la comunicazione è parte fondamentale della democrazia.
Angelo De Mattia


A giudicare dalla conferenza stampa di ieri direi che la comunicazione di Draghi funziona abbastanza bene. Si parla poco, quando si parla si dà il giusto peso alle parole e dando il giusto peso alle parole si dà anche più importanza e solennità a quel che si dice e alle occasioni in cui si dice qualcosa. Ben fatto, no?



Al direttore - “Ema ha vagliato gli stessi dati, e solo quelli, già vagliati dalle agenzie nazionali del farmaco. Ha applicato il principio della falsificazione di ipotesi e il principio di precauzione, e ha chiarito che non c’era nulla da chiarire” (da “Quer pasticciaccio brutto de AstraZeneca”, AA.VV., prefazione di Angela Merkel, Ue editrice, marzo 2021, in corso di pubblicazione). Secondo fonti ufficiose della Commissione di Bruxelles, i costi di stampa e di distribuzione del volume non graveranno sul suo bilancio ma saranno a carico dei governi responsabili della decisione di sospendere il vaccino. Se interessa, chi scrive però non lo acquisterà per non compromettere la sua granitica fede europeista.
Michele Magno


 

Al direttore - “Elisir di sì perfetta, / di sì rara qualità, / ne sapessi la ricetta, / conoscessi chi ti fa!”. Pfizer o AstraZeneca? Turbati, già se lo chiedevano Felice Romani e Gaetano Donizetti.
Franco Debenedetti


 

Al direttore - Il 19 marzo è ricorso l’anniversario della morte del prof. Marco Biagi, assassinato dalle nuove Brigate Rosse, “colpevole” di aver segnalato quanto accade nei paesi più avanzati, in tema di diritto del lavoro. Nel 2001 nel Libro Bianco sul mercato del lavoro, ci spiegava che “i diritti dei lavoratori, si conquistano prima di tutto nel mercato, ma se le regole del mercato tolgono opportunità, invece di crearne, se costringono all’esilio le forze migliori, allora a pagarne il prezzo più alto sono proprio i lavoratori. Bisogna rompere quindi, la falsa equazione tra ‘flessibilità’ del lavoro e diminuzione dei diritti dei lavoratori”. Il mercato del lavoro dalla riforma che porta il suo nome, è stato ampiamente riformato, ma strada facendo sono stati persi elementi che dovevano completare quella riforma. Ricordarlo oggi è un dovere e un segno di attenzione umana e civile. Non dobbiamo mai dimenticare il suo esempio e di tutti quei servitori dello stato che hanno perso la vita per mano dei terroristi. Queste morti violente ci devono far riflettere: non devono esistere ragioni di dissenso politico o sociale che possano giustificare forme di ricorso alla forza destinate a sfociare in atti così efferati. Oggi quindi, oltre al ricordo del prof. Biagi, è necessario ricordare le storie di tutte le vittime di atti terroristici e dei loro famigliari che ogni giorno, devono sopportare il dolore fisico e morale di avere perso i propri cari a causa di questi insensati e ingiustificabili atti di violenza.
Andrea Zirilli


Marco Biagi, Ezio Tarantelli, Antonio Da Empoli, Gino Giugni e Massimo D’Antona. Cinque nomi che non dovrebbero essere mai dimenticati da chi con costanza prova a trasformare in nemici del popolo coloro che provano a riformare il mercato del lavoro.