(foto Ansa)

Nota per chi entra nel governo: l'agenda Draghi non è negoziabile

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Nuova citofonata: “Scusi, si dice in giro che in questa casa abitano dei No euro”. 
Giuseppe De Filippi 



Al direttore - E’ un grave errore politico fare del governo del presidente, affidato a una personalità super partes come Mario Draghi, un governo di una parte, il cosiddetto “governo politico”. L’obiettivo deve essere, come richiede la natura di un mandato affidato autonomamente dal presidente della Repubblica senza indicazioni da parte del Parlamento, un governo di tutti, compresa la Lega e, se fosse possibile, anche FdI. Altrimenti si contraddice la funzione del governo del presidente e, soprattutto, si brucia un’occasione unica: da un lato, per pacificare il terreno politico nazionale, dove prevale la delegittimazione reciproca con effetti devastanti sull’Italia e sulla credibilità dell’Italia nel quadro europeo e internazionale; dall’altro, per trovare una condivisione bipartisan della questione decisiva della collocazione europea. Il governo del presidente guidato da Draghi può essere, deve essere, un governo bipartisan perché le emergenze richiamate dal presidente Mattarella possono avere, devono avere, risposte condivise per essere efficaci: nella fase di emergenza, il decreto “Ristori 5”, il Pnrr, la campagna di vaccinazione, il Def sono provvedimenti bipartisan per definizione. Comunque, è ridicolo puntare a imporre a Mario Draghi l’agenda del Conte bis e raccontare il nascituro governo Draghi, sostenuto da una “maggioranza Ursula” come il governo dell’alleanza M5s-Pd-Leu, nonostante la caratura del presidente del Consiglio incaricato, la sconfitta subita nel conflitto per il Conte ter e l’allargamento a Forza Italia. L’agenda del governo Draghi la detta Mario Draghi sulla base delle sue relazioni e del suo cv e, ancor di più, in quanto invocato salvatore della patria dopo il fallimento dei partiti. E’ l’agenda conseguente alla sua storia e alla funzione nazionale ed europea chiamata a svolgere. Mi permetto di sottolineare ai colleghi M5s che è meno compromettente sostenere un governo Draghi, partecipato dalla Lega, come governo del presidente per le emergenze e la pacificazione nazionale, piuttosto che sostenerlo con una “maggioranza Ursula” raccontando alle curve degli ultras di piegarlo alle nostre priorità. Ovviamente, il governo del presidente, affidato a Mario Draghi, come governo di tutti e di scopo, dovrebbe essere a tempo, al massimo fino all’elezione del presidente della Repubblica. Infine, punto decisivo, non capirei perché Mario Draghi dovrebbe rinunciare alla Lega di fronte a un’apertura da parte di Salvini. Perché sono quotidianamente scomunicati come “anti europei, xenofobi e illiberali” da una sinistra autolesionista e autoconsolatoria di fronte al consenso di popolo e di élite di chi governa 14 regioni e da lustri le aree più ricche del paese? Mario Draghi è ben consapevole di essere oggi l’unica carta potenzialmente bipartisan per la presidenza della Repubblica e l’unica carta capace di promuovere la pacificazione nazionale. Perché dovrebbe accettare di indebolirsi enormemente come presidente di un governo di parte? Perché dovrebbe rinunciare alla sua missione riconciliatoria e aggravare la guerra civile combattuta a colpi di delegittimazione tra i principali partiti e movimenti politici?
Stefano Fassina, deputato di Leu 

 

Sulla durata del governo non so, ma sul fatto che un governo molto ampio sarebbe un bene per il paese non ho dubbi. A condizione che chi accetti di entrare nel governo lo faccia sapendo che l’agenda Draghi non va negoziata: va votata. 


 

Al direttore - Non è così scontato, e agevole, che il governo Draghi possa costituire una sorta di lavacro dopo il quale nascerà il “bipolarismo del futuro”. Pur dando atto dell’acribia e lucidità di tale tesi da Lei esposta, potrebbe accadere che, già con la costituzione dell’esecutivo in questione, si realizzino due poli, distintamente tra chi vi aderisce e chi no. Ma non basterebbe. Resto convinto che, sia pure in una configurazione diversa dal passato, destra e sinistra abbiano ancora da parlare alle persone e ai popoli. Dopo il più grande esempio di convergenza di partiti – la solidarietà nazionale realizzata in Italia nel 1978 – si tornò alla contrapposizione fra destra e sinistra. Lo stesso accadde dopo il governo Ciampi del 1993. Per di più, non arricchirei ulteriormente le aspettative che si vanno formando con una visione salvifica del ruolo di Draghi, che alla fine carica di attese taumaturgiche che neppure una personalità eccezionale, qual è l’ex presidente della Bce, potrà tradurre in risultati concreti. Bisogna confidare nella sua azione ma occorre farlo con realismo e consapevolezza delle incombenti gravi difficoltà. 
Angelo De Mattia

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