Tommaso Cerno (foto LaPresse)

Che cos'è la destra che non c'è. Lo spasso di Cerno La Qualunque

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - La Lega ha il ministro del turismo e dice ai suoi di non andare in vacanza, poi dice che il governo non è diviso.

Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - Mi perdonerà lo stato confusionale ma, considerando che tutta la rappresentanza parlamentare della destra, dai casaleggesi ai seguaci di Capitan Fracassa passando per la miriade di Forze Italia (mi sembra di capire dagli eventi recenti che ce ne sia almeno una per ciascun parlamentare), fino al partito della copia all’amatriciana del capitano di cui sopra, hanno votato entusiasti, compatti e fiduciosi (a parte i soliti 3 o 4 che la sceneggiatura scritta da Rocco Casalino prevedeva per continuare a farci credere che c’è anche qualche casaleggese di sinistra), il decreto legge “sicurezza bis” che limita numerose libertà costituzionalmente sancite (scritte su quella famosa Costituzione che era talmente bella – la più bella del mondo – da non potersi neanche toccare e che ha cessato di essere intoccabile il 5 dicembre 2016), le rivolgo la seguente domanda: quando parla di destra moderata, europea e liberale esattamente a chi si sta rivolgendo?

Chiedo per un amico. Cordialmente.

Giovanni De Merulis

A una destra che non c’è e che se solo ci fosse sbancherebbe alle elezioni.

 

Al direttore - Il voto sulla Tav al Senato non ha sancito soltanto la disfatta del M5s. Non meno significativa è stata la sconfitta subita dall’ala del Pd più disponibile al dialogo con il M5s. L’idea di sottrarre il partito alla votazione per far prevalere la mozione dei pentastellati, scommettendo in questo caso su una crisi di governo promossa da Salvini, si è infatti sciolta come la neve al sole. Grazie anche alle incredibili capriole a cui ha fatto ricorso Di Maio nel disperato tentativo di salvare la faccia. Giggino e soci, infatti, hanno improvvisamente riscoperto la centralità del Parlamento per affidargli l’ultima parola sulla Tav dopo averlo svuotato con una riforma demenziale, tutta giocata sul rilancio dell’antipolitica (il “taglio delle poltrone”) e della democrazia referendaria. Come ha osservato Francesco Damato in una sapida nota pubblicata sulla rivista Start Magazine, pur di evitare le temutissime elezioni anticipate, il vicepremier dimezzato ha riportato il tanto declamato “cambiamento” ai fasti e ai costumi della parte più disinvolta della Dc: quella che si riconosceva nella massima andreottiana del “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Senza però avere della buonanima di Giulio Andreotti la conoscenza della macchina dello stato, la proverbiale arguzia e le relazioni internazionali, che andavano ben oltre il Tevere di spadoliniana memoria. Un Tevere che in un paese cattolico come l’Italia, dove Salvini ostenta crocifissi e rosari nei comizi, resta – nonostante tutto – ancora più importante del Po venerato un tempo dalla Lega di Umberto Bossi.   

Michele Magno

Fantastici. Così come è fantastico che colui il quale il Pd un anno e mezzo fa ha candidato come capolista al collegio uninominale di Milano, e ho detto Milano, due giorni fa abbia deciso di tradire il Pd votando per la mozione grillina sulla Tav. Avete capito di chi stiamo parlando: del nostro amico Cerno La Qualunque.

 

Al direttore - Pensavo di averle viste e sentite tutte ma poi ieri mi è capitato di leggere sul Suo giornale un pezzo a firma di Valerio Valentini, dal titolo “Tav e governo. Può davvero accontentarsi Salvini dello scalpo di Toninelli?”, all’interno del quale mi si attribuiscono dichiarazioni che io non ho mai rilasciato né tantomeno pensato. Nello specifico, secondo il Suo cronista, avrei detto che “il migliore amico di Toninelli è proprio Salvini”. E ancora: “Come si spiegherebbe, altrimenti, che da oltre due mesi lo ha lasciato come padrone assoluto del Mit, rifiutandosi di nominare nuovi sottosegretari dopo le dimissioni di Siri e Rixi?”. Ma quando mai io avrei pronunciato queste frasi? Ho parlato sì e no alcuni minuti con Valentini nei giorni scorsi senza però – lo ribadisco ancora una volta – affermare ciò che lui mi ha attribuito. Un comportamento, quello del Suo giornalista, che lede l’etica professionale e, soprattutto, tradisce l’obbligo di riportare correttamente i fatti che dovrebbe essere proprio di ogni giornalista che dir si voglia. Con il ministro Toninelli, nei cui confronti nutro la massima stima, ho sempre avuto un rapporto limpido e costruttivo. Se l’intento di Valentini era quello di minarlo beh, allora è “caduto” male. Sono certo che Valentini non potrà smentire quanto ho scritto finora. Questa è la prima rettifica che invio a un giornale da quando sono stato eletto al Senato: mi auguro che sia anche l’ultima. E, in particolare, che sia l’ultima al  Foglio.

Mauro Coltorti, senatore del MoVimento 5 Stelle

Risponde Valerio Valentini:  “Gentile onorevole Coltorti, confermo quanto ho scritto. Le frasi che le ho attribuito le ha pronunciate al centro della Sala Garibaldi, al Senato, più o meno intorno alle 14:30 di lunedì 5 agosto”.

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