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Decreto sicurezza bis, “a quando la tortura?”

Giovanni Francesio

Lo striscione della Curva B del Napoli contro l'inasprimento della legge sulla violenza negli stadi che è gia tra le più severe d'Europa

Con la solita, vecchia tattica di far passare le leggi controverse in piena estate, contando su un’opinione pubblica distratta dall’afa, dai temporali, dalle vacanze, e – nella versione 2019 – dai tweet di Morisi, la sera del 5 agosto è passato il “decreto sicurezza bis”.
Alcuni gruppi ultras italiani, però, si vede che non hanno Twitter, per cui non erano distratti, e hanno cercato di far sentire la loro opinione sull’argomento.
A Napoli, in particolare, in vari punti della città sono comparsi grandi striscioni, tutti con la stessa scritta: “Decreto sicurezza bis, la linea dura. A quando la tortura?” Firmato “Curva B”.

 

Di cosa si sta parlando? Del fatto che nel decreto, voluto a tutti i costi dal ministro dell’Interno – quello stesso ministro che un giorno ci piacerà ricordare per la sua ospitata alla festa degli ultras del Milan, tra sorrisi, strette di mano e virili pacche sulle spalle – c’è un intero “Capo”, il terzo, dedicato alle “Disposizioni urgenti in materia di contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive”. E già solo per questo, nel caso improbabile si sappia di cosa si sta parlando, ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli. La legislazione italiana in materia di violenza negli stadi, infatti, è già da tempo una delle più severe d’Europa, e non c’è dubbio che l’Italia sia uno dei paesi dove il Daspo viene usato con maggior liberalità.

 

Cosa ci sia di “urgente” da fare, quindi, davvero non si capisce, anche perché l’ultimo aggiornamento legislativo, naturalmente sempre in direzione repressiva, risale al decreto Minniti del 2017, due anni fa, e le statistiche (aggiornate fino al 2018) fornite dall’Osservatorio, quindi dal ministero dell’Interno, fotografano una situazione sostanzialmente stabile da circa cinque anni, e per nulla emergenziale, considerando la massa di persone che si muove intorno alle partite di calcio.
Sarebbe dunque il momento, e questo sì che sarebbe urgente, di una distensione generale del rapporto tra ultras e istituzioni: concentrarsi sul clima degli stadi, sulle strutture, su un’idea di “sicurezza” profonda e moderna, e sul rapporto tra tifosi e squadre e comunità.
E invece.

 

Invece il Decreto sicurezza bis, se possibile, è ancora più bovinamente repressivo delle leggi passate: sempre più discrezione alle questure, introduzione degli “elementi di fatto” (che, si intuisce, non sono sentenze) come fattore decisivo per daspare le persone, e riconferma sine die di quell’ossimoro legislativo che è la flagranza differita.
E pensare che quando, ormai tanti anni fa, qualcuno, come per esempio Valerio Marchi, a prescindere dal colore dei governi, parlava delle curve degli stadi come laboratorio di repressione sociale, gli intelligenti gli ridevano in faccia.
Adesso forse è tutto un po’ più chiaro; adesso forse si ride tutti un po’ meno.