No tutto. Chi sparge letame, raccoglie melma. È il populismo, bellezza

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Candidare Gozi a Londra!

Giuseppe De Filippi

Le balle dei sostenitori della Brexit non sono così diverse dalle balle diffuse ogni giorno dai campioni del populismo italiano. E a proposito di effetti delle balle. Ho letto una notizia deliziosa pubblicata ieri dal Messaggero. Titolo: “No 5G, un quartiere di Roma divide i grillini sulla nuova rete”. Sottotitolo: “A Monteverde governa il M5s: ‘Niente antenne da noi’. Caso analogo a Trento: simili ai no vax, contrastano la scienza e la modernità”. Chi semina vento, raccoglie tempesta. Chi sparge letame, raccoglie secchiate di melma. È il populismo, bellezza.


  

Al direttore - “Azzeriamo le misure che non producono crescita: 80 euro, reddito di cittadinanza, quota 100. Di quei soldi usiamo una quota per contrastare la povertà, una per gli investimenti pubblici e mettiamo tutto il resto a supporto di un taglio drastico del cuneo fiscale, tutto a vantaggio dei lavoratori con redditi tra 0 e 35 mila euro, cioè la fascia sociale che ha sofferto di più negli ultimi anni” (Carlo Bonomi, la Repubblica, 28 marzo). Quella del presidente di Assolombarda mi sembra una proposta concreta e coraggiosa, che si contrappone apertamente alle politiche recessive e assistenzialistiche del governo. Ce ne sono altre in campo altrettanto chiare, in grado di mobilitare il mondo delle imprese e del lavoro? Non so dire. Nel frattempo, sarebbe interessante conoscere l’opinione del segretario del Pd e dei leader dei sindacati confederali.

Michele Magno

 

Dove si firma?






Al direttore - Caro Cerasa, giustamente il Foglio ha richiamato in più articoli il peso degli oneri di sistema sul totale complessivo della bolletta elettrica. Cosa facilmente constatabile da chiunque dia un’occhiata alla propria bolletta. Fatto 100 quanto paghi il 50 per cento è ormai dovuto al peso complessivo di vari oneri e tasse. Molti sostengono, con ragione, che gli oneri di sistema che finanziano rinnovabili, uscita dal nucleare e agevolazioni varie, sono di fatto tasse nascoste che sostengono pezzi di politica industriale e che andrebbero messe a carico della fiscalità generale. Con inoltre una profonda ingiustizia che raramente viene segnalata. Paghi questi oneri in proporzione ai tuoi consumi di elettricità. Cosicché la parrucchiera al piano terra che usa una decina di caschi per le acconciature delle sue clienti paga 10 volte di più del notaio al primo piano che usa solo qualche pc. A prescindere dal reddito. Ma perché mai la parrucchiera dovrebbe contribuire 10 volte di più del notaio ai costi di smantellamento del nucleare, decisione assunta dal Parlamento italiano, è evidentemente senza giustificazione se non quella di nascondere una tassa di interesse generale chiamandola in altro modo. Inoltre il peso degli oneri è tale da rendere assai limitati i benefici della concorrenza. Se un’azienda fornitrice di energia elettrica è in grado di fare un’offerta inferiore del 10 per cento alla media di mercato il suo peso sul conto finale per il consumatore si riduce al 5 per cento, visto che incide solo sul 50 per cento delle componenti, restando l’altro 50 per cento, gli oneri di sistema appunto, immutato o addirittura in aumento. Più o meno come partecipare ad una gara con un macigno attaccato al collo. Oltre che una profonda ingiustizia per il consumatore. 
Cordialmente.


Chicco Testa


 

Al direttore - Che sussista il rischio di un estendersi a macchia d’olio del fondamento del paese “sulle balle”, come osserva il Suo editoriale del 29 marzo, è dimostrato anche dalla stracca e stantia vicenda delle riserve auree della Banca d’Italia e della Bce sollevata da esponenti della maggioranza anche con un’iniziativa legislativa e affrontata in un editoriale pubblicato nella stessa giornata. La Bce ha risposto inequivocabilmente perché è vero che ha sottolineato il potere suo e delle Banche centrali nazionali di “detenere e gestire” le riserve sancito dal Trattato Ue e non ha menzionato la proprietà, ma la lettera con la quale ha dato riscontro all’interrogazione di alcuni parlamentari europei parte proprio dall’affermazione “Per affrontare il tema della proprietà legale delle riserve auree…” che poi viene così sciolta nella detenzione e nella gestione. Naturalmente, si tratta di prerogative, tutte, da esercitare, per quel che riguarda l’Italia, con il fine ultimo di servire l’interesse del paese. Condivido, però, i dubbi del Foglio sul fatto che i sostenitori di una legge che stabilisca che le riserve sono dello stato si ritengano soddisfatti. Poiché, comunque, una tale legge non risponderebbe, volens nolens, a una mera esigenza informativa, priva di altre finalità – insomma non si tratta di un semplice puntiglio accademico “pro veritate” – ma aprirebbe la strada a utilizzi assolutamente impropri e niente affatto commendevoli dell’oro, sarebbe prova di saggezza desistere dal proseguire su questa strada. Ma è una pia illusione? Del resto, se si mette insieme questa proposta di legge, l’altra sulla statizzazione della Banca d’Italia, nonché la commissione parlamentare di inchiesta sulle banche che già prima di decollare si sta trasformando in commissione di messa in stato di accusa di istituzioni e istituti di credito, potrebbe pensarsi che, a patto dell’apparente quiete che si registrerebbe sulle nomine nel direttorio di Via Nazionale, si aprano altri fronti ugualmente perniciosi. Si è troppo maliziosi? I fatti ce lo diranno.

Angelo De Mattia

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